Daniela Musini: “Sarò la Callas” – L’intervista del Quotidiano La Città

Categories: News

di Ilenia Appiciafuoco – Quotidiano La Città

Così divine, ammalianti, carismatiche sulla scena, quanto fragili e disperate nella vita. Sono queste le donne che più stimolano la passione e il talento dell’eclettica abruzzese Daniela Musini, nata e legatissima a Roseto, ma da sempre cittadina e artista del mondo. Attrice, pianista, drammaturga e scrittrice, Daniela Musini presenterà, il 13 dicembre prossimo alla Sala San Carlo di Teramo, Amore mio crudele Passioni fatali e capolavori mortali di Gabriele D’Annunzio. Nel recital concerto con cui si è esibita, tra gli altri, nei teatri di Kyoto, San Pietroburgo e Cuba, si potrà assistere all’esposizione delle più belle pagine di D’Annunzio poeta e drammaturgo, ma anche a un omaggio ad alcune delle sue muse ispiratrici, prima tra tutte Eleonora Duse. A quest’ultima, la Musini ha dedicato il monologo Mia divina Eleonora, e lo spettacolo Gabriele ed Eleonora. Una passione scarlatta. Interpretato a Pescara insieme a Paola Gassman nei panni di Sarah Bernhardt, è stato messo in scena anche a Pittsburgh, dove la Duse morì nel 1924 e dove, grazie al grande successo, nel giorno del debutto fu proclamato l’Eleonora Duse’s Day. La passione per i personaggi che hanno profondamente segnato la storia dell’Ottocento e del Novecento ha portato la Musini a scrivere un’altra pièce teatrale, dedicata, stavolta, a Maria Callas. “Io e la regista Federica Vicino prevediamo di metterlo in scena nella primavera del 2016, anno che precederà il quarantennale dalla morte della Callas”, afferma l’autrice. “Definirei Maria Callas, la Divina un monologo denso, intenso, dolente e furente. Così come ho deciso di fare per la Duse, non interpreterò la regina dell’opera lirica, ma Maria, soffermandomi più sulla donna che sul personaggio. La scena sarà ambientata nell’ultimo giorno della sua vita, con fotografie che scorreranno sullo schermo e, ovviamente, le arie che l’hanno resa celebre.

Come è riuscita a portare i suoi spettacoli in lungo e in largo nel mondo?
Presentandoli presso gli istituti italiani di cultura, dove vige la regola della meritocrazia. Ho mandato la proposta, il mio curriculum e basta. È capitato anche che sia stata contattata perché qualche direttore o console aveva sentito parlare del successo dello spettacolo, ma il tutto è avvenuto più semplicemente di quanto si possa immaginare.

In quale lingua recitava e qual è la risposta del pubblico straniero?
Ho sempre recitato in italiano e solo una volta in francese, quando sono stata a Lione. Prima dell’inizio vengono distribuite brochure con i contenuti tradotti, ma devo dire che in molti casi al pubblico piace ascoltare il suono della lingua italiana. Negli anni, ho visto pochissimi spettatori leggere la traduzione de La pioggia nel pineto di D’Annunzio. Ci si lascia ammaliare dalla musicalità di quella che considero una delle più belle poesie mai composte. Con lo spettacolo sul grande pescarese mi è capitato, in certe occasioni, di sentirmi un po’ un’ambasciatrice della sua arte. Ricordo che ad Ankara una ragazza che stava scrivendo una tesi sul Fuoco mi abbracciò commossa. Anche in Giappone D’Annunzio è idolatrato.

Maria Callas ed Eleonora Duse. Due tigri sulla scena, eppure fragilissime nella vita sentimentale. Come ha fatto a calarsi nell’interpretazione e a strutturare questi monologhi? Tra l’altro, lei ha vinto ben 13 premi letterari grazie alle sue opere su D’Annunzio, nonché il prestigioso Adelaide Ristori.
Mi addentro nei personaggio studiandone la psicologia e l’anima e, ovviamente, documentandomi moltissimo soprattutto riguardo all’aspetto umano, perché il loro trionfale percorso artistico è sotto gli occhi di tutti. Nel monologo dedicato alla Duse indago il rapporto tormentato con la figlia Enrichetta, anche lei sedotta dal Vate; ne evidenzio la caparbietà. Era una donna cresciuta in una famiglia di attori, ma che aveva sviluppato una concezione del teatro davvero innovativa per l’epoca. Una donna di forti passioni sì, ma anche di tremende collere. Della Callas, invece, non ho potuto non studiare il rapporto con la madre, che definirei più una matrigna visto che le preferiva l’altra sorella, Jackie, e che si “accorse” di Maria solo quando capì che poteva sfruttarne il talento. Agli inizi la faceva cantare nelle bettole di Atene. Credo non abbia mai provato un autentico affetto per lei. La Callas, inoltre, non divenne mai madre, ma perse il bambino concepito con il vero, struggente amore della sua vita, Aristotele Onassis, il quale, tra l’altro, non voleva neanche questo figlio. Mentre in Mia divina Eleonora la protagonista si confessa a un manichino presente in scena, in Maria Callas, la Divina, la cantante indirizzerà il suo sfogo a una giornalista che non sarà presente sul palco, ma verrà raffigurata in modo molto particolare… i miei spettacoli sono una sorta di testamento spirituale di entrambe.

Se dovesse indicare le differenze più significative tra queste due donne, quali sarebbero?
La Duse ha forse avuto una carriera più lunga e ha rischiato di più, ha conosciuto il successo dopo una gavetta non breve. Non dimentichiamo che era anche capocomico e fin da giovanissima guidava lei stessa una compagnia. La stella della Callas ha iniziato a brillare subito, anche perché ha avuto un marito-manager molto influente, Titta Meneghini, che la sfruttava, ma la adorava anche. La Callas, inoltre, sapeva servirsi meglio della propria femminilità, era già consapevole del potere dell’immagine. La Duse era spesso curva, non si truccava, non badava molto all’esteriorità. Inoltre il suo sodalizio con D’Annunzio non fu solo amoroso, ma anche artistico e durò a lungo. Non si può dire lo stesso del rapporto tra la Callas e Onassis.

Qual è il suo rapporto col pubblico?
Ottimo, devo dire che dal pubblico sono sempre stata viziata. Ho trovato spettatori calorosissimi a Minsk, in Bielorussia, dove non sapevo che la lingua italiana fosse la prima a essere studiata dopo l’inglese. A San Pietroburgo mi sono esibita il 24 aprile del 2009 e, sapendo che ero abruzzese, tutti fecero un minuto di silenzio dedicato per le vittime del terremoto che aveva appena colpito L’Aquila. A Kyoto, forse, ho conosciuto il pubblico più difficile da “affrontare” perché non hanno la nostra mimica e restano il religioso silenzio finché lo spettacolo non termina. In Italia, invece, ho un ottimo ricordo del pubblico di Mantova.

Dove porterà lo spettacolo su Maria Callas?
Mi piacerebbe che la prima sede della rappresentazione fosse Teramo, o comunque un teatro o una location della mia regione, anche perché sia io che la regista Federica Vicino siamo abruzzesi. Inoltre, mi piacerebbe girare con lo spettacolo nel 2016, anno che precederà il quarantennale della morte della Callas.

Scarica il pdf dell’intervista

Intervista a Daniela Musini – Quotidiano La Città