Era un centurione e si chiamava Cafo: nel 42 a.C. (due anni dopo l’uccisione di Giulio Cesare) era stato inviato insieme ad altri colleghi a Capua che allora, come tutte le altre città campane (prima fra tutte Neapolis, l’antica Napoli), era raffinata e colta, e gli abitanti amanti della Poesia, delle Arti, del Teatro.
Cafo e i suoi seguaci erano invece di modi plebei, e “cafones” vennero etichettati da allora in poi tutti coloro che disdegnavano l’eleganza e la raffinatezza e prediligevano, al contrario, comportamenti rozzi e poco urbani.
Qualche studioso avanza l’ipotesi che l’etimologia del termine cafone sia nato sempre in Campania, ma per definire quei contadini e allevatori che anticamente dalle campagne approdavano ai grandi mercati e fiere di Napoli e, per paura di perdersi, si tenevano stretti ad una fune comune.
Con la fune = ca’ fune =cafoni.
I “cafoni” saranno in seguito “nobilitati” dallo scrittore Ignazio Silone che ne farà i protagonisti del suo romanzo più celebrato, “Fontamara” del 1934.