Avrebbe voluto per lui il palazzo più grande del mondo, ma il dittatore rumeno Nicolae Ceausescu dovette accontentarsi del secondo per estensione e terzo per volume.
La chiamò “Casa del Popolo”, utilizzando, come era d’uso nei regimi comunisti, espressioni modeste e tranquillizzanti.
In realtà il Palazzo del Parlamento della Romania che si fece costruire si erse al Centro di Bucarest come un colosso architettonico di 1100 stanze e una superficie totale di 340.000 metri quadri.
(la Piramide di Cheope è ampia “solo” 53077 mq., tanto per dire)
Per farle posto vennero evacuate 40 mila persone e furono abbattuti un numero spropositato di edifici, comprese alcune chiese, una sinagoga e persino uno stadio.
20.000 operai, 700 architetti guidati con ferrea determinazione e smodata ambizione da una ragazza allora ventottenne, Anca Petrescu.
Fu requisito tutto il marmo presente in Romania, e ne venne vietato l’utilizzo persino per le lapidi delle tombe: se ne usò un milione di metri cubi, insieme a 3.500 tonnellate di cristallo, 200.000 mq di tappeti di lana, 900.000 metri cubi di legno per il parquet.
Lui, Ceausescu, si ostinò sempre a chiamarlo “Casa del popolo”, ma lì dentro il popolo non entrò mai.
Lui ne uscì per essere fucilato, insieme alla sua degna compagna, il 25 Dicembre 1989.