Rubrica coriandoli. Barbara Hutton: una vita da miliardaria, sette mariti, nessuna felicità

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Quando nacque, il 14 Novembre 1914, possedeva già un patrimonio di 900 milioni di dollari (al cambio attuale) che lei sperperò in una esistenza eccessiva e stravagante, caratterizzata da gioielli da favola (ne possedeva alcuni appartenuti alla Regina Maria Antonietta di Francia), ville fiabesche (quella in stile giapponese si estendeva su un terreno di 120.000 metri quadri in Messico), viaggi e matrimoni magnificenti.
Ma la sua vita fu punteggiata soprattutto da drammi familiari, abusi, depressione e uso forsennato di droghe e alcol. Una vita maledetta, insomma, e infelice.

Non era bella, Barbara, elegante quello sì e poi sottile e con grandi occhi velati di malinconia, una malinconia che risaliva ad un’infanzia traumatizzata dal suicidio della madre Edna Woolworth, erede di ingenti ricchezze, derivatele dai Grandi Magazzini F.W. Woolworth Company, e donna segnata dalla depressione.
Fu Barbara, a 6 anni, a scoprire il corpo inerme della mamma: uno shock da cui non si riprenderà mai.
Il padre, il finanziere miliardario Franklyn Laws, creatore della Hutton & Company, un colosso con ramificazioni in investimenti bancari e assicurazioni, abbandonò la sua unica bambina ad alcuni parenti e la piccola crebbe in pratica tra bambinaie ed istruttrici, con una carenza d’affetto e di tenerezza che le avrebbero scorticato il cuore e condotta ad una sorta di disperato ed infelice randagismo sentimentale.

A 18 anni il suo debutto in società con una festa di compleanno sontuosa ogni oltre immaginazione cui parteciparono i rampolli delle famiglie più ricche ed influenti del mondo, Rockfeller, Vanderbilt e Astor, tanto per dire; come enterteiner della serata il padre ingaggiò lo chansonnier Maurice Chevalier e il costo della serata ammontò ad una somma stratosferica: 80.000 dollari del 1932, somma che l’Americano medio avrebbe guadagnato neppure in 40 anni di duro lavoro.
Il papà forse voleva farsi perdonare l’abbandono e non lesinava regali abbaglianti, come quella collana di 27 preziosissimi e rarissimi chicchi di giada che recentemente la Maison Cartier ha ricomprato dagli eredi per la stupefacente somma di 27 milioni di dollari (in pratica 1 milione a perla), donatale in occasione del suo primo matrimonio con il (sedicente) Principe georgiano Alexis Mdivani, un furbo cacciatore di dote, con cui Barbara fu sposata dal 1933 al 1935.

Primo di una lunga serie: 7 matrimoni e altrettanti divorzi, alcuni tragici, costellarono l’esistenza della Hutton, soprannominata fin dall’infanzia dai media di allora “the poor little rich girl” (la povera piccola ricca ragazza), sempre alla ricerca di stabilità e serenità affettiva e sempre invece sottoposta a tradimenti, raggiri e financo violenze psicologiche e fisiche, come quelle subite dal secondo marito, il Conte danese Kurt Heinrich Eberhard Erdmann Georg von Haugwitz-Hardenberg-Reventlow, dalla opulenza araldica e dal cuore arido, che le diede un figlio, Lance (l’unico per lei)ma che la spedì più volte in ospedale per le botte.
Fu da allora, dall’età di 34 anni, che per Barbara iniziò il calvario di alcol, droga e anoressia, da cui non riuscirà mai ad uscire.

Neppure con l’unico, grande amore della sua Vita, quel seducente, brillante, fascinoso attore che risponde al nome di Cary Grant, con cui fu sposata per 3 anni, che, diversamente dai precedenti e seguenti mariti, non pretenderà un cent dal divorzio (nonostante fosse notoriamente tirchio a livelli parossistici) e che lei però impietosamente descriverà con parole intinte nel veleno: <<Eccitante in smocking, elegante in vestaglia, deludente in pigiama, una frana a letto>>.

Dei 7 matrimoni il più clamoroso e breve fu con il diplomatico e gran rubacuori Porfirio Rubirosa, strappato alla sua (ex) amica Doris Duke (miliardaria anche lei dacché suo padre era il re del tabacco), dopo una guerra implacabile a chi delle due potesse ostentare gioielli, feste, limousine e guardie del corpo più rilucenti.
53 giorni, solo 53 giorni durò questo matrimonio cui seguì un divorzio che la sfiancò anche nelle finanze.
Finanze che si assottigliarono sempre più a causa di spese folli e incontenibili, divorzi costosissimi (altri due dopo quello con Rubirosa), elargizioni filantropiche, collezioni di gioielli rari (andava matta, come Grace Kelly, per i “moretti veneziani”, gli splendidi gioielli in ebano e oro) e irreparabili perdite finanziare dovute a investimenti sbagliati e alle persone (sanguisughe più che altro) che, ormai sola e non più giovane, la circondarono, o meglio la circuirono.

Gli ultimi anni furono tristissimi: la tragedia della morte del suo unico figlio per incidente stradale nel 1972 la gettò nella disperazione più totale.
Si ritirò a vivere al Regent Beverly Wilshire Hotel, lontana da quelle dimore principesche che si era fatta costruire.
Sola, spesso ubriaca e farneticante, morì per infarto l’11 Maggio 1979 a 66 anni.
Sul suo conto in banca dei 900 milioni di dollari iniziali, non ne erano rimasti che 3000 più qualche spicciolo.