Rubrica Coriandoli. La proibita passione e la fine tragica di Ugo e Parisina

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Nel Rinascimento la Corte degli Estensi a Ferrara fu vetrina di artisti incommensurabili (Ariosto, Tasso, Cosmé Tura, Dosso Dossi), ma anche teatro di passioni scandalose e di feroci delitti.
Lucrezia Borgia stessa, divenuta Duchessa di Ferrara nel 1502 avendo sposato Alfonso II d’Este, prima di diventare morigerata e di indossare negli ultimi annunci della sua Vita il cilicio, animò la corte con passioni scabrose e proibite con suo cognato Francesco Gonzaga, con il poeta Pietro Bembo e persino con la sua bellissima ancella Nìcola, ma è di un’altra storia che voglio raccontarvi, avvenuta molti anni prima, una storia d’Amore e morte.

Il nonno di Alfonso d’Este, il Duca Niccolò III era di tali e tanti appetiti sessuali, che non si contano le amanti (pare 800) e i figli illegittimi che ebbe, tanto che ai suoi tempi c’era il detto “di qua e al di là del Po son tutti figli di Niccolò”.
La sua amante prediletta era la splendida Stella de’ Tolomei, detta anche Stella dell’Assassino da cui aveva avuto tre figli tra cui Ugo, bello e passionale.
Orbene, quando Niccolò rimase vedovo della prima moglie Gigliola da Carrara e si decise a riprendere moglie, la sua scelta cadde non su Stella, ma su una fanciulla di 14 anni (lui ne aveva 35): Laura, detta Parisina, della nobile famiglia dei Malatesta di Rimini e Cesena.

Fra Parisina e il figliastro Ugo, di appena un anno più giovane, sorsero spontanei la simpatia e l’affetto, così come i giochi e le confidenze adolescenziali, ma ben presto furono ghermiti da un’incestuosa quanto pericolosa passione.
Qualcuno sussurrò qualcosa all’orecchio del gelosissimo Niccolò. Un foro praticato nella parete della camera da letto della giovanissima moglie gli rivelò lo scabroso segreto.
Ugo e Parisina furono gettati nelle segrete del castello estense di Ferrara.

A nulla valsero i loro pianti accorati, le loro preghiere imploranti, la mediazione dei personaggi illustri del tempo: il Duca fu spietato.
Furono condannati alla decapitazione e la mannaia del boia tacitò per sempre il loro grido d’Amore.
Non appagato nella sua vendetta, furibondo e straziato per il dolore e l’orgoglio ferito, Niccolò III ordinò che tutte le adultere del Ducato subissero la stessa sorte di Parisina.
E così fu: decine di infelici, molte delle quali innocenti, furono decapitate sui patiboli innalzati in tutta Ferrara.

La triste vicenda dei due giovanissimi e sfortunati amanti fu narrata dapprima da Byron nel 1816 e poi da Gabriele d’Annunzio nella sua tragedia “Parisina” che, musicata da Pietro Mascagni, andò in scena nel 1913 suscitando emozione e commozione.

Nella foto un dipinto del grande artista rinascimentale Dosso Dossi.

Dosso Dossi