Rubrica Coriandoli. La zattera della Medusa: un tragico naufragio, un comandante vigliacco e un capolavoro dell’arte

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“La zattera della Medusa” è uno dei dipinti più famosi del pittore francese Théodore Géricault che lo realizzò tra il 1818 e il 1819 in seguito alla forte suggestione riportata da un tragico avvenimento accaduto nel 1816: l’affondamento della nave francese Medusa e il tragico destino di molti dei suoi occupanti che cercarono di salvarsi aggrappandosi ad una zattera e vivendo momenti sconvolgenti, come vedremo.

La nave ammiraglia Medusa era diretta in Africa per riprendere possesso del Senegal e della Mauritania caduti in mano inglese, dopo che, in seguito al Congresso di Vienna, la Restaurazione aveva ridisegnato un nuovo assetto geopolitico in Europa.
Alla guida della nave era stato posto l’aristocratico Hugues Duroy de Chaumareys, incapace ed arrogante come pochi, alla cui incompetenza si deve, il 2 luglio 1816, l’incagliamento della nave nei fondali sabbiosi del Banco di Arguin (di fronte alle coste africane della Mauritania).
L’unico modo per uscirne era alleggerire la nave e quindi liberarsi di pesi e zavorre, tra cui tutti i bauli di ori e tesori che il suddetto comandante (così come avevano fatto i suoi ufficiali aristocratici) si era portato appresso, quale futuro Governatore di quelle terre.

Decisione che quando venne prospettata vide il fermo rifiuto di Duroy. Conseguenza: la nave iniziò inesorabilmente ad affondare. Nessun problema, si disse Duroy: ordinò di caricare sulle scialuppe in dotazione della nave gli ufficiali suoi fedelissimi; per sé e per i suoi bauli riservò la scialuppa più grande, dove si fece calare assiso su una poltrona di velluto rosso dai braccioli dorati.
17 marinai vennero sacrificati, pardon, abbandonati sulla nave (che,lo ricordiamo, stava colando a picco) e 158 furono calati su una zattera di 20 metri per 7, trascinata per un po’ dalle scialuppe e al calar della notte, abbandonata ad una sorte crudele, nonostante le imploranti preghiere di quei poveri marinai.

L’unica bussola in dotazione di questi disgraziati cadde in acqua e si perse nei flutti; idem le mappe.
I viveri consistevano in poche decine di gallette e in generose razioni di vino. Niente acqua. Niente medicinali.
Erano lupi di mare, è vero, e riuscirono all’inizio a far fronte allo scoramento, costruendo anche una vela di fortuna, sostenuti psicologicamente da Alexandre Corréad, ingegnere, e da Henri Savigny, medico di bordo (che avrebbero poi raccontato la straziante vicenda in un libro documento), ma ben presto la disperazione cominciò a ghermire quegli uomini lasciati in balia dell’Oceano Atlantico, delle tempeste, della fame, della paura e della sete (il pericolo più devastante, che li costrinse, esaurita la riserva di vino, a bere ciascuno la propria urina).

La follia e la rabbia si impadronirono di molti di loro e allora furono lotte fratricide, scempi di corpi, violenze inimmaginabili, deliri allucinati, suicidi e persino episodi di cannibalismo sui poveri corpi di chi non ce l’aveva fatta.
Solo dopo 13 giorni, ormai stremati e ridotti ad una decina (da 157 che erano in partenza) una nave di passaggio li recuperò, ma per alcuni di loro non ci fu recupero delle facoltà mentali, compromesse per sempre.
L’eco di questa drammatica vicenda giunse fino al pittore Géricault che decise di eternarla per sempre sulla tela.

L’Artista seppe trasferire tutta la tragedia dell’accaduto in questo quadro (giustamente considerato un capolavoro assoluto dell’Arte romantica), racchiuso in una dimensione piramidale. La cupezza del cromatismo, la disperazione nei volti, lo slancio dei superstiti nel chiedere aiuto conferiscono pathos, drammaticità ed una palpitante tensione compositiva, mentre i contrasti luministici e di ombra e il risalto dato ai muscoli guizzanti rimandano a Caravaggio e a Michelangelo.

E il Comandante come se la cavò?
Il crudele Hugues Duroy de Chaumareys non fu condannato a morte, come la Corte marziale prevedeva allora per i comandanti che abbandonavano la propria nave, ma una sentenza ignobile fece sì che se la cavasse solo con 3 anni di carcere, dopo essere stato radiato (almeno questo) dall’albo degli ufficiali di Marina.