Rubrica coriandoli. Matilda Feliksovna Kšesinskaja, la ballerina che stregò lo Zar

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Stregare. È ciò che Matilda Kšesinskaja sapeva fare meglio. Che fosse dal palco del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo o da quello del Bolshoj di Mosca, o tra le lenzuola di letti imperiali, fu un’incantatrice irresistibile di spettatori e di uomini.
Eppure questa danzatrice di origine polacca, nata in una famiglia di ballerini, musicisti e attori, non era particolarmente avvenente e non aveva “le phisyque du rôle” né della seduttrice né della ballerina classica.
Era di bassa statura (1,54 cm) con gambe corte e massicce e neppure il viso era modellato secondo i canoni classici: malizioso, impertinente, questo sì, ma non precisamente bello.
Ma era ambiziosa, scaltra, opportunista, manipolatrice, sensuale e venale e sapeva manovrare gli uomini come poche.
Danzatrice talentuosa, tenace e disciplinata, fu la prima ballerina russa ad esibirsi in quella fantasmagorica serie di giravolte sulla punta, ossia i 32 “fouettés en tournant”, specialità che aveva mutuato dalla danzatrice italiana Pierina Legnani, étoile della Scala di Milano.

Il 23 Marzo 1890 è la data che darà la svolta alla sua vita: al termine del saggio finale della Scuola Imperiale di Balletto di San Pietroburgo in cui lei si era particolarmente distinta, lo Zar Alessandro III in persona la fece convocare al suo cospetto e le intimò con un sorriso: “Voglio che tu diventi la gloria e il gioiello del nostro balletto” e poi la fece sedere volutamente accanto al timido e impacciato figlio Nikolaj, nella speranza che la maliziosa e disinvolta Matilda scrollasse di dosso la ritrosa riservatezza dell’erede al trono.
Ci furono lunghi sguardi tra di loro, mani che si sfiorarono ma nulla di più.
Dovevano trascorrere due anni per un nuovo incontro che diede inizio ad una passione autentica seppure senza futuro.
Forse per Matilda fu l’unico vero amore della sua vita, a giudicare da ciò che si può leggere nei suoi diari dopo l’incontro fatale del Gennaio 1892 in cui oltre che le loro anime si congiunsero anche i loro corpi :”Non posso descrivere quello che mi è successo quando sono arrivata a casa. Non potevo mangiare e sono scappata nella mia stanza. Piangevo e il cuore mi doleva. Per la prima volta ho sentito che questa non era solo un’infatuazione, ma che amavo il principe dolcemente e profondamente e che non sarei mai stata in grado di dimenticarlo”.
Nicola nel suo diario, dove lei era siglata come K, annotò:”La piccola K mi attira molto”.

Due anni dopo quell’incontro lo zarevič annunciava il suo matrimonio con la bellissima Alice d’Assia e del Reno che sarebbe salita al trono con il nome di Aleksandra Fëdorovna Romanova, gli avrebbe dato cinque figli e avrebbe condiviso con lui la tragica fine nei boschi di Ekaterinburg.
Matilda era una donna pragmatica: data la sua origine non altolocata, mai si era illusa, nonostante la palpitante infatuazione per lei del giovane zarevič, che avrebbe potuto aspirare al ruolo di zarina, ma difese in modo ferino il suo ruolo e si “accontentò” del ruolo favorita di Nicola, che intanto nel 1896 fu incoronato Zar.
Il matrimonio, i nuovi doveri e le pressanti occupazioni non posero però fine alla relazione amorosa: Matilda continuerà ad essere la “piccola K.”, l’amante amata e indorata di Nicola II che le farà dono di una splendida villa sul Baltico, un palazzotto (un capolavoro in perfetto stile Art Nouveau) a San Pietroburgo e gioielli sontuosi.

Ma oltre che pragmatica, Matilda Kšesinskaja era anche ambiziosissima e golosa di piaceri carnali.
Divenne pertanto l’amante di Sergej Michaijlovič, Presidente della Società dei Teatri Imperiali, uno che diede una spinta notevole, eccome, alla sua carriera di étoile dei Ballets Russes.
Divenne “prima ballerina assoluta” dei Teatri Imperiali, ça va sans dire, a dispetto del più grande coreografo del momento, Marius Petipa, che non la riteneva una danzatrice eccelsa e che obtorto collo fu invece costretto ad affidarle ruoli da protagonista nei balletti che curava in quel periodo.
E tale era il potere di Matilda che il Direttore dei Teatri Imperiali, il Principe Volkonskij, si vide licenziato in tronco solo per essersi opposto ad una sua volontà.
E anche Sergej per manifestarle il suo amore le regalò una splendida villa, situata in una località esclusiva sul Baltico.

Ma a lei non bastava. Sicché, oltre che amante dello Zar Nicola II e del Presidente dei Teatri Imperiali Michaijlovič, l’incontentabile Matilda imbastì una relazione anche con l’Arciduca Andrej Vladimirovič Romanov, cugino dello Zar.
Quando nel luglio del 1902 partorì un bimbo cui pose il nome di Vladimir, la Mosca bene e pettegola si leccò i baffi sulla succulenta questione a chi appartenesse la paternità del piccolino, questione mai risolta e tacitata dallo Zar in persona con un decreto segreto del 15 luglio 1911, in cui lo nominava “principe Romanovskij-Krasinskji”, che crescerà viziatissimo e che si rivelerà nel tempo un giovane dissoluto e vizioso.

La Rivoluzione Russa del 1917 costrinse Matilda a fuggire prima a Venezia e poi in Costa Azzurra, portandosi appresso la sua sfolgorante collezione di gioielli e una quantità enorme di rubli nascosti nei doppi fondi dei suoi bagagli.
La sua splendida dimora nel centro di San Pietroburgo fu requisita dai Bolscevichi che vi installarono la sede del partito e della redazione del quotidiano “Pravda”.
Qui si installò anche Lenin dall’aprile al luglio del 1917; successivamente il palazzo fu adibito a Museo della Rivoluzione e in seguito a Museo della Storia politica russa.
Matilda, per quanto smuovesse mari e monti, non riuscirà mai a rilevarne il possesso.
E mentre il suo antico imperiale amante e la sua famiglia venivano travolti dalla Rivoluzione Russa trovando a Ekaterinburg una morte orrenda, Matilda Kšesinskaja e Andrej Romanov, divenuto nel frattempo suo marito, conducevano a Montecarlo una vita dispendiosa e lussuosa, ma l’attrazione irresistibile e compulsiva verso i casinò fece perdere alla ex stella dei Teatri Imperiali Russi quasi tutto il suo ingentissimo patrimonio.

Poco male: Matilda era una creatura forte e tenace e alla fine degli anni Venti si trasferì a Parigi dove aprì una prestigiosa Scuola di Danza di cui fu insegnante apprezzata, temuta e osannata e dalla quale uscirono danzatrici eccelse quali Margot Fonteyn, Alicia Markova e Tamara Vladimirovna Tumánova.
L’indomabile, irriducibile piccola K” morì a Parigi il 6 dicembre 1971 alla ragguardevole età di 99 anni.