Rubrica coriandoli. Modì e Jeanne: un amore oltre la vita

Categories: News

Amedeo Modigliani, detto Modì, come abbreviazione del suo cognome, ma anche come maudit, “maledetto” in Francese. E lui, Artista maledetto lo fu davvero, ma anche uomo inquieto, affascinante, disperato.
Di origine ebraiche, Modigliani nasce a Livorno il 12 luglio 1884 da una famiglia dapprima benestante e poi in irreversibile declino economico; la madre Eugenia avverte le doglie nel momento stesso in cui un ufficiale giudiziario sta salendo le scale per pignorare tutti gli arredi.
Poiché una consuetudine stabiliva che tutto si poteva sequestrare tranne il letto di una partoriente, sopra e sotto il letto della puerpera, vennero ammassati più oggetti possibili, salvandoli così dal pignoramento.
Cresce Amedeo con una profonda spinta anticonformista; legge Nietzsche e d’Annunzio e si inebria del loro vitalismo ebbro e sfrenato, cui saranno sempre sottesi quello spleen, quella malinconia e quel male di vivere che connoteranno sempre la sua Vita e i suoi dipinti.

Amedeo fin da piccolo ha una salute cagionevole: pleurite e attacchi di tifo lo tengono spesso tra la Vita e la morte e gli lasciano una grave lesione polmonare; proprio durante una notte, nel delirio della febbre altissima, grida a gran voce che avrebbe fatto il pittore.
Lascia Livorno e approda a Parigi nel 1906 a 22 anni, l’anima in subbuglio e una forza creativa incoercibile. Va ad abitare a Montparnasse, che, insieme a Montmartre, è il cuore pulsante dell’Arte e della Vita parigina: rumori, luci, musiche, Artisti geniali che fanno la fame, prostitute tristi dai colori allegri, ubriachi ridanciani e chiassosi.
Nel quartiere le coppie ballano per strada, le ragazze troppo truccate, i giovanotti troppo spavaldi; ballano valzer musette con lui che avvinghia lei stringendola alla vita con un solo braccio, la sigaretta pendula tra le labbra, lo sguardo da gaglioffo, il ciuffo spiovente sulla fronte e un coltello serramanico in tasca.
A Montparnasse abitano Utrillo, sempre barcollante per il troppo vino, lo scontroso Soutine, il geniale Apollinaire, Braque e Picasso, l’antipatico Stravinskji.

Modigliani a Parigi è preda di un furor creativo che gli fa produrre fino a 100 disegni al giorno.
Furor creativo, il suo, ma anche furor distruttivo. Soprattutto di se stesso.
Consuma hashish e oppio, ma soprattutto beve, beve fino a stordirsi, insieme all’amico pittore Utrillo con cui si ubriaca e fa a botte, per poi addormentarsi abbracciati insieme sui marciapiedi, spesso fradici di pioggia.
È bello, Amedeo, con quell’aria un po’ da canaglia e quell’andatura spavalda, e l’eleganza tipicamente italiana: abito di velluto, bastone da passeggio, sciarpa rossa e cappello a larghe falde sbilenco. Le donne gli cadono tra le braccia.
Ma i suoi amori sono fuochi fatui. È il caso di Elvira, dai seni opulenti e dai mille amori mercenari. Ballano nudi e ubriachi sull’erba sotto il plenilunio e lui la ritrae con quella sua femminilità sfacciata e l’aria malinconica.
Si lasceranno presto ed Elvira finirà fucilata come spia dai Tedeschi durante la Grande Guerra.

Lui dipinge, dipinge, dipinge, ma non vende. E anzi è costretto a scambiare i suoi disegni con piatti di pasta, ma gli avventori considerano quelle tele piene di colli lunghi e storti, quelle bocche sbilenche, quei volti stralunati, scarabocchi di un ubriacone e spesso finiscono in cantina rosicchiati dai topi.
Febbraio 1917: Amedeo conosce il più grande e disperato amore della sua Vita, Jeanne Hébuterne. Lui ha 33 anni, lei 19. È pittrice anche lei e a Montparnasse la chiamano “noce di cocco”per via di quel contrasto tra i capelli scuri, che lei spesso raccoglie in due grosse trecce, e l’incarnato di magnolia.
È pallida, Jeanne, timida, con un’ombra segreta negli occhi che non sorridono mai.
Ma ha un fuoco, nel ventre e nel cuore, che incendia Modì. Lei lo ama da impazzire, lo adora, lo protegge prima di tutto da se stesso.
E lui, pittore geniale ma ancora semisconosciuto, drogato, alcolizzato e disperato, si butta tra le sue morbide braccia e trova un momentaneo acquietamento.

Persino la sua Arte comincia ad essere apprezzata e arriva persino la sua prima mostra di dipinti. Amedeo è felice, speranzoso, esaltato.
Jeanne dà alla luce una bambina cui viene dato lo stesso nome della mamma. Modigliani è pazzo di gioia, va a festeggiare in un bistrot, si ubriaca e quando arriva davanti all’ufficio di stato civile, lo trova chiuso.
Né il giorno dopo né nei prossimi Modì si ricorda di andare a riconoscere la bimba, che si chiamerà Modigliani solo grazie alla zia paterna che l’adotterà, povera bimba sfortunata.
L’amore fra Amedeo e Jeanne continua intanto, legame appassionato e stupendo sodalizio, nonostante la miseria, nonostante tutto.
Ed ecco che Jeanne, la dolce, paziente Jeanne si accorge di aspettare un altro bambino e Modì, tra il serio e il faceto, nel corso di una festa schiamazzante, scrive un biglietto: «Oggi, 7 luglio 1919, mi impegno a sposare la signora “Jane” Hébuterne».
Non farà in tempo.

La meningite tubercolare esplode, improvvisa e violenta e se lo divora.
Modì si aggrava di giorno in giorno. Perde i denti, sputa sangue, sviene spesso, ma continua a bere. Gli ultimi mesi sono drammatici: la febbre lo consuma, il delirium tremens lo annienta, le allucinazioni lo sconvolgono.
Una mattina del gennaio 1920 un amico, preoccupato di non vedere da giorni Modigliani e Jeanne, si precipita da loro; bussa più volte e non avendo risposta, sfonda la porta del loro misero appartamento.
Li vede distesi sul letto, inerti, una sorta di horror vacui negli occhi. Tutt’intorno sporcizia e disordine, scatole di sardine e bottiglie di vino vuote sul pavimento: la loro cena.
Trasportano di corsa Amedeo in ospedale, mentre Jeanne piange disperata.
Muore il 24 Gennaio e non ha ancora 36 anni. Prima di spirare, agli amici sussurra con un fil di voce: «Ho baciato mia moglie, ci siamo intesi per l’eternità».
Il giorno dopo Jeanne, incinta di 9 mesi, sale su una sedia e si lancia da una finestra del 5° piano: lo fa di schiena per non guardare il vuoto.