Rubrica coriandoli: splendori e voluttà nelle terme dell’antica Roma…

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Mi chiamo Etruscilla e sono l’ancella di Metella Veturia, appartenente ad una delle famiglie più prestigiose di Roma, imparentata persino con l’Imperatore Diocleziano.

Questa mattina la mia Domina vuole andare alle Terme ed io ne sono felicissima perché queste costituiscono un luogo meraviglioso dove tonificare e disintossicare il corpo e ritemprare l’animo passeggiando, rilassandosi, leggendo.

Le Terme di Diocleziano sono ancora più magnificenti di quelle create nei tempi passati da Nerone, Tito, Domiziano, Traiano e persino Caracalla.

Siamo arrivate: l’entrata è abbellita da uno splendido mosaico di pietruzze virate in tutte le sfumature dell’azzurro, raffigurante una serie di zampillanti fontane.

Ci rechiamo quindi nell’apodyterium, lo spogliatoio, e aiuto la mia padrona a svestirsi: prima la sua mantella di seta viola, poi la tunica di un delicato color glicine, indi le tolgo dai piedi i morbidi calcei per farle indossare sandali di legno. La libero dallo striophum e i suoi seni turgidi e sodi appaiono in tutta la loro impertinente bellezza e poi, mettendomi in ginocchio davanti a lei, le sciolgo il subligaculum che cela la sua nudità più segreta.

È bella la mia Domina: il suo corpo nudo attira l’attenzione e l’invidia delle donne presenti: snello e tornito, cosce di levigata bianchezza, vita sottile, fianchi opimi e natiche soffici e sode, degne di Venere callipigia, “dalle belle natiche”, come dicono i Greci.

La sua pelle profuma di iris i cui petali sono solita spargere sull’acqua quando le preparo il bagno ed è liscia grazie all’operato delle schiave alipilae che l’hanno prima depilata con una crema a base di cervello d’aquila triturato e macerato nel vino, e poi hanno spalmato sul corpo olio di dattero, di mandorla e di grano.

Così nuda Metella scivola nell’acqua della natatio, l’enorme piscina del tepidarium, e si muove con grazia e indolenza, con un sorriso ineffabile sulle labbra.
Resta lì molto tempo, dopo di che: <<Ora basta>>, mi dice, <<accompagnami da Ulpius, lui saprà rilassarmi con i suoi meravigliosi massaggi>>.

Faccio per entrare anch’io nella stanza dove l’aspetta il nerboruto Ulpius, ma lei mi ferma: <<Non ho bisogno di te, Etruscilla, va’ pure…ritorna più tardi…ho bisogno di tempo…>>. Il suo sguardo è acceso, come i suoi sensi.
Ulpius è il massaggiatore più agognato di Roma e le matrone si recano alle Terme anche per lui…

Sono felice di questa libertà inaspettata e ne approfitto per una passeggiata negli splendidi giardini delle Terme, ornati di refrigeranti fontane e di capolavori marmorei, e poi, per nutrire l’anima ed alimentare l’intelletto, decido di entrare nella fornitissima biblioteca.

La stanza principale è semicircolare, circondata da un ballatoio da cui si accede agli scaffali su cui sono depositati centinaia di rotoli, i volumina; le nicchie di lettura sono decorate con statue e busti d’illustri poeti: Orazio, Properzio, Virgilio, Tibullo, Catullo.

Era stata Metella a farmi conoscere tempo addietro i loro carmina, a decantarmene la sublime maestria e la bellezza dei versi.
Non è consentito a nessuno prelevare alcun volumen e così mi rivolgo al promus librorum che prontamente accorre e prende il rotolo con i carmi del mio lirico preferito, Catullo.

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior
(Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile/non so, ma è proprio così e mi tormento)
Quanta sofferenza d’amore per la sua Clodia, colei che chiamava nelle sue poesie Lesbia, quante promesse non mantenute, quanti baci rubati, quanta accecante gelosia in quella passione divorante!

Mentre arrotolo il papiro con quei capolavori catulliani per restituirlo, un pensiero s’impadronisce prepotente di me: sono una sorgente senz’acqua, una pianta senza fronde, io con i miei ventuno anni e la mia verginità carnale e sentimentale, con il mio grembo intatto e infecondo.

Una malinconia struggente si insinua allora in me e una sensazione di vuoto, di solitudine smarrita, di paura del futuro mi aggrediscono all’improvviso.
Mi accorgo che il tempo è trascorso velocemente.
Devo rientrare! La mia Domina magari mi sta cercando! Oh Dei dell’Olimpo!

Rientro di corsa nella stanza dei massaggi con gli occhi illuciditi dal pianto.
Metella non si accorge del mio turbamento, della mia mestizia, delle mie lacrime; non si accorge di nulla.
Ha un’aria appagata e sensuale salutando Ulpius che le sorride senza dire una parola.
Usciamo. Il tramonto incendia il cielo, la tristezza opprime il mio cuore…

Il dipinto è “L’abitudine preferita” di Sir Lawrence Alma-Tadema (1909)

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