Rubrica coriandoli. Un’impalpabile camicia da notte verde acqua

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Le pesanti tende color viola erano chiuse nell’appartamento di Place Vêndome a Parigi, quella mattina del 28 Novembre 1899. Come sempre, da molti anni a quella parte.
Gli specchi, testimonianza un tempo di bellezza e di gloria, coperti da drappi neri polverosi.
Lei era lì, in quella penombra quaresimale, immobile nella sua poltrona, i libri di poesie degli amati Verlaine e Baudelaire sul tappeto, e gli occhi, quei suoi mitici occhi viola, fissi sulla teca di cristallo che conservava una sua camicia da notte verde acqua. Impalpabile come un sogno.
La conservava come una reliquia da 42 anni, da quella sua prima notte a Compiègne, quando con quel trasparente indumento intimo, aveva sedotto Napoleone III con una bellezza da togliere il fiato e una sapienza sotto le lenzuola da togliere le forze.

Spregiudicata, immorale, opportunista: così lei era stata, Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione, Nicchia per gli amici. E per gli amanti. Tanti. Troppi.
Era nata il 22 Marzo 1837 da una famiglia di Marchesi e già a 15 anni era un incanto: alta, slanciata, capelli folti e soffici, portamento regale, sguardo impudente, bellezza capricciosa e arrogante, temperamento insofferente e irrequieto.
A 16 anni già maritata, a 17 il suo unico figlio, sarà sempre pessima madre e pessima moglie.
Cavour, suo cugino, che la teneva d’occhio da un po’, d’accordo con Re Vittorio Emanuele II, la “arruola” per un compito arduo e delicato: sedurre Napoleone III di Francia e carpirgli una preziosa alleanza con il Piemonte. È il 1856 e Nicchia ha 19 anni.
Arriva a Parigi e la conquista, bella e disinibita com’è. Gli uomini impazziscono. Le donne pure. Ma di rabbia e d’invidia.
Lei non se ne cura. «Le uguaglio per nascita, le supero per bellezza, le giudico per ingegno», manda a dire alle sue rivali con sovrano disprezzo.

Napoleone III la guarda a bocca aperta avanzare una sera nel salone della Principessa Matilde Bonaparte, sua cugina.
C’è anche sua moglie, l’Imperatrice Eugenia che, socchiudendo gli occhi, la squadra da lontano: quell’Italienne non le piace. Non le piace affatto. E marca stretto suo marito l’Imperatore. Invano.
La sera successiva Virginia è invitata nientemeno che a Palazzo Reale. Lei ha la sfrontatezza di presentarsi alle 2 di notte e mentre sale la scalinata, vestita con abito che avrebbe sedotto anche un monaco trappista, incrocia Napoleone III che sta scendendo.
«Madame, arrivate troppo tardi!», l’apostrofa lui. E lei, pronta: «Oh no, Sire, siete Voi che ve ne andate troppo presto!». Touché. Colpito e affondato.

Una gita in barca loro due soli, con l’Imperatore personalmente ai remi, l’approdo ad un’isoletta semideserta ed è fatta. Scriverà spavalda: «È bastata mezz’ora per fare di me un’Imperatrice».
Peccato. Saranno proprio la presunzione e l’arrogante sicurezza di sé a portarla alla rovina.
L’Imperatrice Eugenia che tutto vede, tutto sa e nulla dice (per tattica, mica per altro) le tende una trappola. Letale.
Il 2 Aprile 1857, Napoleone III mentre scende le scale dell’appartamento parigino di Virginia dopo un appuntamento galante, subisce un attentato a cui sfugge miracolosamente. Il mandante è la stessa Imperatrice Eugenia che intende così suscitare un vespaio attorno all’odiata Italienne.
L’eco è clamorosa e l’Imperatore capisce l’antifona. Lui è perso per Virginia, ma la sacrifica alla ragion di Stato e la liquida. Eugenia sua moglie ha vinto.
Ma in fondo Nicchia ha vinto anche lei: Napoleone III è un alleato ormai. La sua missione è compiuta.

Ha vent’anni, Virginia e ha tutto ciò che vuole: riflettori puntati, amanti ricchissimi e adoranti, gioielli da favola, feste magnificenti. Ha tutto, tranne che l’Amore. Non lo chiede e non lo vuole.
Ma tout passe: il tempo, la bellezza, le mode, la fortuna. Anche per lei, la Donna che aveva sedotto Parigi.
Nicchia invecchia precocemente, inesorabilmente: la porcellana del suo volto si incrina, lo sguardo s’incupisce, il sorriso diventa una smorfia.
A Parigi, da quel suo appartamento di Place Vêndome, dove è andata a vivere, esce solo di notte, furtiva, abbigliata in modo ridicolo e truccata in modo esagerato.
I passanti scuotono la testa o ridacchiano coprendosi la bocca con la mano.
Paga caro l’aver puntato tutto sulla sua irresistibile bellezza. E ora che questa è di colpo sfiorita, ora che gli uomini non la cercano più e le donne hanno smesso di invidiarla, non sa che farsene della vita.

28 Novembre 1899. Il XIX secolo muore. Lo fa anche lei, non prima di aver tolto dalla teca quell’impalpabile camicia da notte verde acqua e averla indossata.
Così, aveva scritto nel testamento, intendeva essere seppellita. Così fu.
Al suo funerale né preti, né fiori, né croci. Non li aveva voluti.
Virginia Oldoini se ne andò così, in un corrucciato giorno d’Autunno: una vita abbagliante, una dipartita mestissima.
Ma, ancora una volta, la Contessa di Castiglione aveva stupito tutti.