Briciole di storia, quisquilie e pinzellacchere. Era l’anno del Signore 1816…l’anno senza estate

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Tutto ebbe inizio l’11 Aprile 1815, quando dal vulcano Tambora, in Indonesia, cominciarono a farsi sentire boati spaventosi che divennero ancora più potenti il giorno 19, quando una serie di terrificanti esplosioni provocò la fuoriuscita di una tale quantità di cenere da oscurare completamente il cielo per giorno e giorni.

Gli esperti stimarono che dal vulcano fuoriuscirono 150 miliardi di metri cubi di cenere, roccia ed altro materiale che causarono 60.000 morti, distruzione e carestie.

Ma ciò che ebbe una ripercussione a livello mondiale fu il denso velo che si produsse nella stratosfera che causò la schermatura del sole, tanto che si assistette ad un cambiamento radicale del clima sulla terra con estati pressoché inesistenti ed inverni rigidissimi.

 

In particolare il 1816 è passato alla storia come “l’anno senza estate” e con una stagione invernale lunghissima e rigida: il ghiaccio distrusse le colture nel Nord Europa, in molti territori degli Stati Uniti e del Canada, dove persino nel mese di Giugno si registrarono tempeste di neve con centinaia di morti.

Neve mista a cenere (e per questo di un inquietante color rosso) cadde in Ungheria e in Italia, grandi fiumi esondarono, perirono migliaia di capi di bestiame, intere distese di grano e cereali andarono distrutte e dovunque ci furono rivolte e saccheggi di gente affamata e allo stremo.

 

Ma questa crisi universale del 1816 ebbe incredibili ripercussioni positive: proprio la mancanza di foraggio per i cavalli indusse il barone Karl Drais ad inventare la “draisina” detta anche “velocipede”, l’antenata della bicicletta e le ingenti nevicate che si verificarono a luglio in Svizzera, spinsero i poeti Byron, Shelley con sua moglie Mary e il medico scrittore John William Polidori a stare rinchiusi nella villa che avevano affittato vicino Ginevra e a decidere di trascorrere le serate “buie e tempestose” componendo racconti del terrore: ebbene Mary Shelley creò “Frankestein or the modern Prometheus”, mentre Polidori diede vita a “Il vampiro” che ispirerà a Bram Stoker il più famoso Dracula.

E ultimo ma non ultimo, i sanguigni tramonti e il tempo fosco di quello strano 1816 costituirono un ricordo indelebile per uno dei più grandi e straordinari paesaggisti dell’Ottocento: William Turner, che riporterà le suggestioni di quell’anno senza estate nelle sue magnifiche, terrifiche tempeste.

 

Nella foto: “Tempesta di neve” di Turner (1841)

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