Briciole di storia, quisquilie e pinzellacchere. La strana morte di Vicent Van Gogh

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La notte del 29 luglio 1890, a 37 anni, moriva a Auvers-sur-Oise, nel Sud della Francia, Vincent van Gogh, uno degli Artisti più geniali dell’Ottocento.
Tormentata e complessa la sua Vita, misteriosa la causa della sua morte.
Per anni, avallata dal pittore stesso, la tesi del suicidio: van Gogh, per sua stessa ammissione, si era sparato un colpo di pistola al petto due giorni prima, mentre vagava, irrequieto e disperato come sempre, in un campo.
Al medico che gli stava estraendo il proiettile, il pittore aveva sussurrato: “Volevo uccidermi, ma ho fatto cilecca; nel caso dovessi sopravvivere, ci riproverò”.

La morte come sollievo ad un’esistenza improntata alla sofferenza, marchiata da depressione e da turbe psichiche (soffriva di fissazioni ed allucinazioni), da un senso profondo di sconforto e di fallimento (sarebbe stato apprezzato ed osannato da morto, ma non da vivo) che l’avevano più volte portato ad atti di autolesionismo (l’orecchio mozzato non a causa di una lite con Gauguin, ma per un attacco d’ira alla notizia delle nozze di suo fratello Theo da cui Vincent dipendeva economicamente) e a ripetuti tentativi i suicidio.

Ma ciò che accadde il 27 luglio 1890, in quel campo di grano assolato e deserto, molto probabilmente nasconde un’altra verità, mai rivelata dal pittore stesso e avanzata nel 2011 da due eminenti studiosi americani, Steven Naifeh e Gregory Smith (già vincitori del Premio Pulitzer per i loro studi su Pollock) in una poderosa biografia dal titolo “Van Gogh: the life”, ossia che a colpire al petto fu un sedicenne, René Secrétan, che insieme al fratello era spesso in compagnia del pittore in giro per bettole ad ubriacarsi insieme.
Il ragazzo, che amava vestirsi da cowboy e sparare agli animali, quel giorno, per colpa dei fumi dell’alcol, avrebbe sbagliato mira e colpito incidentalmente van Gogh al petto e la prova sarebbe proprio l’angolazione di entrata obliqua del proiettile. Nessuno che si voglia uccidere lo farebbe puntandosi la pistola in modo obliquo, ma dritto al petto, anzi, puntando al cuore.

Perché van Gogh avrebbe quindi mentito, dichiarando la sua volontà di suicidarsi? Perché percependo la morte come liberazione dai suoi demoni, e pertanto riconoscente a quello scapestrato adolescente, volle scagionarlo e impedirgli una condanna certa.
Ma ovviamente non ci sono prove attendibili e certe per questa tesi che ai più sembra convincente.
Vincent van Gogh si portò la verità con sé, due giorni dopo quella pistolettata, nella bara, ricoperta da decine e decine di girasoli gialli, i suoi fiori preferiti.