Rubrica coriandoli. Curiosando nella storia (parte prima)

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Oggi la mia rubrica si occuperà di tante piccole facezie (che spero giudicherete interessanti) che la mia curiosità intellettuale mi ha fatto scoprire (e raccogliere) qua e là negli anni.

Per esempio: sapete cos’è l’oggetto raffigurato nella foto che correda questo post? È un “pomander” (così in inglese o pomme d’ambre in francese) o “pomo d’ambra”, una sfera all’origine in ambra, appunto (ma poi nel corso dei secoli forgiata in altri materiali preziosi), che conteneva essenze profumate e balsamiche, utilizzata da nobili e classi agiate (che in genere lo portavano appeso ad una catenella d’oro al collo) a partire dal Medioevo.
Si diffuse a partire dal 1347, anno della grande peste, importata in Europa da un vascello genovese di ritorno dal Mar Nero, come palliativo per combattere, attraverso le intense e odorose essenze (muschio, agrumi, olio di rose e spezie orientali soprattutto) i miasmi della peste.
Ornati di gemme preziose, i più elaborati potevano aprirsi in spicchi da riempire con i profumi preferiti.

Altra curiosità: perché i Veneti chiamano “schei” i soldi? Perché sbagliavano a pronunciare una parola tedesca.
Da quel trattato di Campoformio in cui nel 1797 Napoleone vendette Venezia all’Imperatore d’Austria Francesco I, gli Austriaci regnarono su quel territorio per ben 78 anni, introducendo usi, costumi, usanze e parole.
Una di queste, “Scheidemünzer, indicava una moneta, ma i Veneziani per abbreviarla, pronunciavano solo la prima sillaba, ma invece di pronunciarla correttamente, e cioè “sciai”, dicevano letteralmente “schei”, all’italiana, e ancor oggi, quando si parla del vile denaro, i Veneti utilizzano quel l’antica parola.

E per finire, parliamo della pizzica salentina, la bella, pittoresca e trascinante danza tanto in voga ormai in tutta Italia. Essa trae origine in realtà dal cosiddetto “ballo del tarantola”, un velenoso ragno (Lycosa tare tela) chiamato così perché diffuso nella zona del fiume Tara, vicino Taranto, soprattutto nei campi.
Erano infatti soprattutto le contadine che fin dal Medioevo lavoravano in quelle enormi distese pianeggianti a farne le spese: una volta punte dal velenoso ragno, accusavano fortissimi spasmi addominali, sudorazione, tremiti inconsulti e perdita di coscienza.
Per guarirle si ricorreva ad una danza apotropaica, ad una sorta di esorcismo musicale, in cui venivano sottoposte all’ascolto di musiche dal ritmo indiavolato eseguito da tamburelli, sonagli, armoniche che inducevano a danze scomposte e convulse, fino a quando cadevano a terra esauste ma finalmente liberate dal male.

Alla prossima, per altre amenità…????