Rubrica coriandoli. Churchill e l’amante segreta

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Arrogante, indisponente, ostinato, opportunista ed egocentrico: così i suoi contemporanei lo giudicavano e così lui era, ma Winston Leonard Spencer Churchill è stato uno degli statisti più importanti della Storia.
Nacque il 30 Novembre 1874 da una famiglia appartenente ai massimi ranghi dell’aristocrazia britannica: un suo antenato, John Churchill, I Duca di Marlborough, fu un celebre condottiero, unico nella Storia, insieme a Scipione l’Africano ed Alessandro Magno, a non aver mai subito sconfitte in battaglie.
Suo nonno materno, invece, l’americano Leonard Jerome, era il proprietario del New York Times e vantava parentele con i Roosevelt e con Ernst Hemingway.

Fumatore accanito (di sigari), forte bevitore, grande giocatore d’azzardo, pittore ragguardevole (con lo pseudonimo di Charles Morin), scrittore prolifico e brillante (vinse il Nobel per la Letteratura nel 1953), abilissimo e duttile diplomatico, appassionato seguace di esoterismo e di tradizioni celtiche, oratore trascinante e carismatico (sebbene da bambino avesse sofferto di balbuzie), personalità magnetica e contraddittoria (odiò Hitler, ad esempio, ma ammirò incondizionatamente Mussolini, fu pervicacemente anticomunista, ma non esitò ad allearsi con la Russia per arginare la Germania nazista), Churchill fu amato e odiato, temuto e venerato allo stesso modo.

Aveva un caratteraccio e non si premurava di nasconderlo. Soffriva di depressione (che lui chiamava “il cane nero”) e che curava con le anfetamine.
Molte sue frasi sono passate alla Storia, come quella pronunciata il 13 Maggio 1940 nel suo primo discorso da Primo Ministro in cui sentenziò: “Non ho nulla da offrire se non fatica, lacrime e sangue”, mutuate però da un discorso di Garibaldi (di cui aveva espresso l’intenzione, mai realizzata, di scrivere una biografia).
Celebri le sue boutades e le sue frasi al vetriolo “Una mela al giorno toglie il medico di torno, se hai una buona mira” e i taglienti botta e risposta con i suoi interlocutori.
Come con il drammaturgo George Bernard Shaw (altro personaggio celebre per ruvidezza e sarcasmo), ad esempio, con il quale non correva buon sangue: pur nutrendo una malcelata ammirazione l’uno verso l’altro, si detestavano cordialmente.
Qualche giorno prima del debutto della sua commedia “Pygmalion” (da cui verrà tratto il film “My fair lady”), Shaw inviò a Churchill un siffatto telegramma:
“Riservati due posti per Lei. Venga e porti un amico. Se ne ha”.
Il telegramma di risposta di Churchill fu immediato e altrettanto caustico: “Impossibilitato a venire alla Prima, attendo la seconda. Se ci sarà”.
Famosi anche i battibecchi che Churchill ebbe con la Viscontessa Nancy Witcher Astor (prima donna eletta a sedere alla Camera dei Comuni del Parlamento Britannico); un giorno, dopo un’accesa discussione, lei, esasperata, gli sibilò: “Winston Churchill, se fossi vostra moglie, metterei del veleno nel vostro tè!”
E lui, serafico: “Lady Astor, e se io fossi vostro marito, lo berrei!”

Dalla devota moglie Clementine Hozier ebbe 5 figli e dedizione, pazienza e comprensione. Tanta comprensione.
Anche quando lui, nel 1930, si abbandonò ad un’infuocata relazione con la fascinosa e trasgressiva nobildonna Lady Doris Delevingne Castlerosse (prozia dell’attuale famosa modella Cara Delevingne), per la quale perse la testa “Doris, tu resusciteresti anche i morti” le diceva dopo notti sfrenate nella lussuosa suite dell’Hotel Ritz a Parigi che fu la loro alcova.
Seducente e ambiziosissima, Lady Doris, sensualità senza collare e gambe strepitose, aveva messo in precedenza gli occhi nientemeno che su Re Edoardo VIII, ma nulla aveva potuto con la potentissima e pitonesca Wally Simpson.
Ripiegò, si fa per dire, con Churchill cui regalò emozioni da infarto e dal quale ebbe in dono 250 paia di scarpe e del quale, non contenta, sedusse anche il figlio Randolph che all’epoca aveva 21 anni.
A quel punto la pur comprensiva Clementine intervenne vigorosamente e si riprese marito e figlio.
Lei, Lady Delevingne, continuerà la sua “carriera” di seduttrice e arrampicatrice sociale avida e senza scrupoli fino a morire a 42 anni in un hotel per overdose di barbiturici.

Churchill, se aveva scongiurato l’infarto durante quella tumultuosa e assai libidinosa relazione extraconiugale, non riuscì altresì ad evitare infarti e trombosi che lo colpirono più volte ed ai quali reagì sempre con volitività, determinazione e una buona dose di fortuna.
Ma nel 1951, quando a 77 anni fu rieletto Primo Ministro, seppur ancora indomito, l’incipiente arteriosclerosi gli rese l’esistenza quotidiana assai difficile: amnesie improvvise, parole storpiate, talvolta confusione mentale.
Un improvviso e provvidenziale miglioramento delle sue (straordinarie) facoltà intellettive gli permise addirittura di completare la sua poderosa opera in 6 volumi sulla Seconda Guerra Mondiale, ma nel 1959 un altro attacco di trombosi, più grave dei precedenti, fu quello definitivo; le sue capacità intellettive si deteriorarono in maniera irreversibile e fu preda persino di allucinazioni visive: nel suo giardino indicava alla moglie inesistenti, enormi animali che, a suo dire, si arrampicavano sugli alberi.

Morì il 24 Gennaio 1965 e al suo funerale parteciparono 300.000 persone.
Tra le sue ultime volontà, fedelmente rispettate, ci fu anche che nella sua casa di Chartwell ci fosse da allora in poi, sempre e per sempre, un gatto rosso di nome Jock, come quello, amatissimo, che si accoccolava sulle sue ginocchia e che lui accarezzava mentre si gustava un buon sigaro, (molti) brandy e ripensava, chissà, alle splendide gambe di quell’antica e mai dimenticata amante.