Rubrica coriandoli: Elisabeth Barett e Robert Browning: quando l’amore si fa poesia

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Londra, Wimpole Street number 50, 10 Gennaio 1845.
«Una lettera per Voi, Miss Elisabeth!», annunciò la cameriera porgendole il piccolo vassoio d’argento. «Grazie, Emily», rispose la donna.
Elisabeth lesse il nome del mittente e rimase stupita; si rigirò la lettera tra le mani e l’aprì con trepidazione. Poche parole, ma che le avrebbero cambiato la Vita: «Amo i vostri versi con tutta l’anima…e amo anche Voi!» Firmato: Robert Browning.

Iniziò così una delle storie d’amore più romantiche dell’Ottocento, una passione dolce e intensa tra due anime liriche, un sentimento forte e imperituro che sfidò le convenzioni e la dura, tigrina opposizione del padre di lei, il tetro e tirannico Edward Barrett.
Elisabeth era la preferita di dodici figli di questo puritano integerrimo ed intelligente che aveva fatto fortuna in Giamaica con le piantagioni di zucchero e, al ritorno in Patria, aveva comprato una vasta tenuta sulle colline inglesi salvo poi, peggiorate le condizioni economiche, ritirarsi con la numerosissima famiglia in una grande casa di Londra.

La moglie muore, sfinita dai troppi parti, il figlio Edward scompare in un nubifragio e il carattere di questo patriarca diventa ancora più arcigno e cupo: esercita sui figli un’autentica tirannia e ogni sera li costringe a ore e ore di preghiere.
Elisabeth, la più sensibile, corpo fragile ma volontà d’acciaio, ha 39 anni e da tempo immemorabile vive come una reclusa nella sua stanza, da cui non esce mai, dividendosi tra il divano, il letto e la scrivania, come unica compagnia il suo adorato cagnolino Flush (che sarà immortalato in deliziose pagine da Virginia Woolf).
Claudicante fin da bambina in seguito ad una brutta caduta da cavallo, ha sviluppato, nel corso degli anni, una sorta di paralisi alle gambe (sicuramente di carattere psicosomatico) che la costringe ad una vita da inferma che lei trascorre leggendo (Shakespeare, Dante, Milton i suoi preferiti), ma soprattutto scrivendo, scrivendo, scrivendo.

A 12 anni compone un poema epico e poi, nel corso della sua Vita, raccolte di versi, sonetti, fino a quei “Poems”, di raffinato, elegiaco sentire, una commistione di classicità e impeti romantici, che nel 1844 la rendono celebre in tutta l’Inghilterra, anche in quel Sussex dove vive un altro Poeta, Robert Browning, bello, famoso, conteso dalle dame dei salotti, passionale e temerario.
Aveva letto i versi di Elisabeth e le aveva scritto di getto quella lettera, esprimendole un desiderio imperioso di vederla, conoscerla, frequentarla.
E ora, in quel freddo mattino di Gennaio, Elisabeth, leggendola, si sentì invadere di luce e di calore. Si guardò attorno e quella stanza, piena di medicine e libri polverosi, dalle imposte sempre socchiuse, il suo amato rifugio, le sembrò ad un tratto una claustrofobica prigione.

Aprì le persiane, lanciò sul letto il plaid che le copriva le gambe inferme e iniziò a scrivere: «Gentile Robert, Vi ringrazio dal profondo del cuore.»
La corrispondenza si fece giornaliera, favorita dalla compiacente e fedele cameriera che aspettava di vedetta il postino per nascondere le lettere all’occhiuto Barrett padre, da subito pervicace oppositore di quella corrispondenza di poetici sensi che non voleva diventassero “amorosi”.
Robert insisteva per venirla a trovare, Elisabeth nicchiava, pur desiderando ardentemente di conoscerlo. Aveva paura. Non era bella, era più vecchia di lui ed era “malata”.

Ma l’Amore può essere un vento impetuoso che sa spazzare ritrosìe e turbamenti e rinfocolare fuochi sopiti.
E così fu. Sfidando l’opposizione granitica del padre di lei, le paure e i dinieghi della sua amata, Robert in un luminoso giorno di maggio, cinque mesi dopo la sua prima lettera, si presentò, bello e sicuro di sé, al 50 di Wimpole Street.
Incurante delle minacce di un furibondo Edward Barrett, salì le scale della vittoriana ed austera dimora, entrò nella camera di Elizabeth e le sorrise. Poi, sussurrandole versi d’amore, la prese in braccio e con lei avvinghiata, radiosa e incredula, ridiscese le scale, portandosela via, insieme a Emily, il cagnolino Flush e una valigia piena di libri e di sogni.

Il padre fuori del portone li maledice, ma loro se ne infischiano e si baciano sulla bocca salendo sulla carrozza che li avrebbe portati lontano da quell’angusta oppressione.
L’anno dopo, il 12 settembre 1846, nella Chiesa di Marylebone, davanti a due testimoni e nessun altro, Robert ed Elisabeth (che nel frattempo ha riguadagnato l’uso delle gambe) si sposano.
Adorano il sole e amano Italia: vanno a vivere dapprima a Pisa e poi a Firenze.
Un amore forte, solido, imperituro, il loro, che si nutre di poesia e di piccole cose: un libro letto insieme abbracciati sotto un plaid color melograno, un’alba che intride i tetti, una torta di mele gustata davanti al caminetto.
Lei lo ribattezza “Paracelso”, lui “Ba”.
La loro gioia è completa con la nascita del loro maschietto, chiamato con il buffo vezzeggiativo di Pen, completa, ma di breve durata.

Nel Giugno 1861 Elisabeth si aggrava: un focolaio di una brutta e antica bronchite si riaccende, maligno.
La tosse e la spossatezza l’aggrediscono e a nulla valgono le preghiere, la vicinanza, l’amore tenace e dolcissimo del suo Robert.
Il 29 lui le chiede «Come ti senti, amore?» Lei, con flebile voce risponde una sola parola, parola che compendia il loro mondo, il loro amore: «Bellezza» e poi, la sua piccola mano stretta in quella grande e forte del suo “Paracelso”, chiude gli occhi per sempre.

Elisabeth Barrett riposa nel cimitero degli Inglesi a Firenze, Robert Browning sarà sepolto a Londra, nell’Abbazia di Westminster, nell’”angolo dei Poeti”.