Rubrica coriandoli. Francesca Bertini, la diva del muto che stregò anche Guglielmo Marconi

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Per lei nel 1915 il produttore cinematografico Giuseppe Barattolo coniò il termine “Diva”, contrazione di “Divina” e Elena Vitellio, in arte Francesca Bertini, Diva lo fu sempre, fino alla fine, fino a quell’ultima apparizione nel mondo cinematografico, quando, novantenne, si presentò al Festival de San Sebastian avviluppata in una sontuosa pelliccia bianca lunga fino ai piedi, abito da sera e gioielli sfavillanti ma falsi perché il patrimonio accumulato negli anni d’oro era ormai solo un ricordo.
Eppure aveva guadagnato cifre folli, la Bertini, primadonna incontrastata (insieme alla rivale Lyda Borrelli) del Cinema, strapagata e viziata come nessun’altra.

Era nata il 5 Gennaio 1892 (tre anni prima del l’invenzione del Cinema ad opera dei fratelli Lumière) a Firenze (o a Prato, la questione è ancora dibattuta) da una modestissima attrice toscana, Adelaide Frataglioni e da padre ignoto.
Quando la madre si legò al trovarobe napoletano Arturo Vitellio, che l’adottò conferendole il cognome, le due donne andarono a vivere a Napoli, dove la piccola Elena (futura Francesca) visse infanzia e adolescenza.
Cresceva intanto, bella e altera: capelli corvini, occhi di bragia, movenze flessuose.
Se ne accorse anche il drammaturgo Edoardo Scarpetta (il padre naturale dei fratelli De Filippo) e grazie a lui cominciò a calcare i palcoscenici partenopei.

A 18 anni approda a Roma con un contratto per la allora Manifattura Cinematografica “Film d’arte italiana” ed è là che nasce Francesca Bertini, icona del Muto e fenomeno di costume.
I film che la vedono protagonista sono grondanti passioni e lacrime, colpi di scena e abbandoni struggenti, disperati addii e amori colpevoli, e molti sono diretti da Roberto Roberti, padre del regista Sergio Leone che l’appellava affettuosamente “nonna”.
“Francesca da Rimini”, “Beatrice d’Este”, “Cesare Borgia”, “Sangue blu”, “La signora delle camelie” e soprattutto “Assunta Spina” le conferiscono un successo ed una notorietà planetari.
I suoi occhi bistrati, le lunghe sigarette da cui aspira e rigetta voluttuosamente spirali di fumo, l’incedere regale, le pose fatali: così stregava gli spettatori che l’adoravano.
Nella sua carriera ricevette migliaia di lettere da tutto il mondo, che lei, altezzosa e sprezzante, non aprì mai.
Guglielmo Marconi e il Principe Vladimiro di Russia persero la testa per lei, non corrisposti.

In Russia veniva appellata semplicemente “Franzesca”, omettendo il cognome, in area ispanica era “l’encantadora”; persino la sciovinista moda francese s’inchinò al suo charme e creò cappelli e mantelli alla Bertini, e le donne di tutte le latitudini copiarono le sue acconciature e i suoi sguardi da maliarda.
Capricciosa e viziata dai produttori, pretese ed ottenne cifre da capogiro, abiti nuovi per ogni scena indossati una sola volta, e una pausa imperativa alle 17 per gustarsi l’amato tè al Grand Hotel di Roma in compagnia di aristocratiche ed elegantissime amiche.

Si fece costruire una lussuosissima villa sulla Nomentana dove andò a vivere con il suo grande amore, il conte Paul Cartier, cugino del famoso gioielliere, al quale però, stanca dei ripetuti suoi tradimenti, diede il benservito senza rimpianti.
La Vita le riservò molte amarezze; con l’avvento del Cinema sonoro iniziò il suo declino perché la sua voce gutturale e aspra venne considerata inidonea e lei non venne più scritturata.
Sempre più sola, i favolosi guadagni evaporati forse per eccesso divistico di spese folli, forse per persone prive di scrupolo che la raggirarono, lei, la Diva più famosa e pagata del primo Novecento, dovette lasciare la lussuosa villa e ridursi a vivere in un modesto appartamentino ospitata da una sua ex cameriera.

Ma non abbandonò mai quegli atteggiamenti divistici ed altezzosi che l’avevano connotata e in vecchiaia ai pochi giornalisti che ogni tanto le chiedevano nostalgiche interviste, dava appuntamento al suo amatissimo Grand Hotel, dove si presentava vestita con un’eleganza sontuosa e demodé e al dito un rubino enorme che spacciava per autentico.
Morirà ultranovantenne il 13 Ottobre 1985.
Al funerale della più grande Attrice del Muto parteciparono pochissime persone e tra queste il regista Bernardo Bertolucci che l’aveva voluta per un cameo, nei panni di Suor Desolata (nomen omen) nel suo capolavoro “Novecento”.
Nessun altro, di quel mondo sfavillante ed effimero che l’aveva eletta inimitabile Diva e che lei aveva contribuito a rendere immortale.