Rubrica Coriandoli. Gene Tierney: dal firmamento di Hollywood all’inferno (Per colpa di un’ammiratrice)

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Un profilo perfetto, occhi azzurri in cui perdersi ed un portamento regale: questa era Gene Tierney, l’attrice che fece perdere la testa a John Fitzgerald Kennedy (e a molti altri) e che finì inghiottita nel baratro della depressione e delle cliniche psichiatriche.

Nacque il 19 Novembre 1920 a New York da una famiglia di origine irlandese e la sua bellezza languida e sensuosa colpì il regista Anatole Litvak che la notò durante una visita occasionale che lei ragazza stava facendo agli studi della Warner Bros.
La sua carriera cinematografica fu lastricata negli Quaranta/Cinquanta da successi raggiunti insieme a registi prestigiosi (tra questi: Joseph von Sternberg, Ernst Lubitsch, John Ford, Mankiewicz) che l’adoravano per il suo talento e per quella capacità straordinaria che lei aveva di immedesimarsi in personaggi inquietanti, come la misteriosa Laura in “Vertigine” di Otto Preminger o la morbosa Ellen in “Femmina folle” di Stahl che le valse la candidatura all’Oscar, soffiatole però da Joan Crawford.

Ma tanto la sua carriera artistica fu sfolgorante, tanto la sua Vita privata fu costellata da dolori, inquietudini e drammi.
Nel 1941, già famosa, sposa lo stilista italo-russo Oleg Cassini e due anni dopo partorisce una bambina, Daria, bella come la mamma, ma subito si rivela ai loro occhi un’atroce realtà: la piccola è sorda, semicieca e con un forte ritardo intellettivo.
Gene impazzisce dal dolore, non si dà pace, non capisce come sia potuto succedere.
Poi scopre la verità: durante una visita alle truppe in partenza per il fronte (nel 1943 si era in piena seconda Guerra Mondiale), un’ammiratrice l’aveva abbracciata con foga.
Gene non sapeva che quella fan entusiasta era una Marine scappata dall’infermeria dove era stata confinata in quarantena per rosolia; lo scoprirà con orrore dopo e all’improvviso ricorderà con sgomento quell’eruzione cutanea cui i medici interpellati non avevano dato peso.
Ora sapeva che cosa era stata: rosolia.

La grave disabilità della figlioletta e ancor più il senso di colpa che cominciò a minare la sua mente la portarono ad un’angoscia senza fine e ad uno smarrimento psichico ed emotivo cui non avrebbe trovato rimedio.
Si abbandonò ad una girandola di amori ed avventure, nonostante fosse ancora sposata con Oleg, tra cui il miliardario Howard Hughes (con cui il marito si prese a cazzotti) e Tyrone Power (suo partner nel film “Il filo del rasoio”), ma fu per il futuro Presidente degli USA John Kennedy che perde la testa; tuttavia lui, pur amandola alla follia, spinto dall’inflessibile matriarca Rose che non avrebbe mai accettato una nuora divorziata, attrice e con una bambina disabile, la lascia, facendola precipitare nella disperazione.

Neanche la nascita della seconda figlia Cristina, bella e sana, riesce a far ritrovare la serenità a Gene che divorzia da Oleg Cassini per imbarcarsi in una tormentata relazione con il Principe Ali Khan che (copione già messo in scena) la lascia bruscamente senza neppure una spiegazione.
È l’inizio della fine. I demoni della sua mente si scatenano all’improvviso.
Ed allora sono gli elettrochoc, le cliniche psichiatriche, i barbiturici, i tentativi di suicidio, come quando scavalca la finestra del suo appartamento a New York sito al quattordicesimo piano e si appiccica al muro del cornicione.
Rimane lì un’ora mentre la polizia tenta di farla desistere dall’insano gesto e la folla si assiepa sotto inorridita e morbosamente attratta.
C’è anche la piccola Cristina, la sua secondogenita, lì sotto tra la folla con il naso all’insù, che sta tornando da scuola ed è paralizzata dal terrore di vedere sua madre volare di sotto.
Qualcuno informa l’attrice della presenza di sua figlia e allora Gene, la bellissima, fragile Gene, desiste.

È però l’ombra di se stessa. Continuerà a recitare, ma dovranno suggerirle le battute perché la sua mente obnubilata dalla follia e dai tranquillanti non ha più memoria.
Poi l’incontro che le cambia la Vita: il petroliere Howard Lee che l’amerà fino alla fine con tenerezza e ardore, strappandola alla depressione e donandole finalmente un po’ di felicità.
Gene Tierney morirà a 71 anni per enfisema polmonare nel 1991.
Sua figlia Daria, confinata per sempre in un Istituto, la seguirà qualche anno dopo e Cristina, che inconsapevolmente aveva salvato quella mamma troppo inquieta, ma che non aveva saputo salvare se stessa dall’angoscia esistenziale, morirà a Parigi nella più completa indigenza.