Rubrica coriandoli. Isadora e Sergej: un amore bello e maledetto dagli Dei

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Si incontrarono una sera d’Autunno del 1921 a casa di un pittore: lui, Sergej Aleksandrovič Esenin, poeta russo di 26 anni che dell’inquietudine, della ribellione e del tormento aveva fatto la sua ragion d’essere, lei, Isadora Duncan, americana di San Francisco, che di anni ne aveva 44 (ma ne dichiarava 37), carismatica Dea della danza.

Quella sera s’innamorarono a prima vista, attratti reciprocamente dal fuoco che ciascuno di loro sprigionava, dalla trasgressività che era cifra connotativa delle loro esistenze e dalla vodka che tracannarono senza ritegno.
Si innamorarono e si sposarono, nonostante lei non conoscesse che una dozzina di parole in Russo e lui non parlasse altro che quella lingua.

Nei 15 mesi che li videro avvinghiati scorrazzare per l’Europa e l’America a bordo di una fiammante automobile, furono soprattutto i loro corpi a comunicare, sotto la spinta di un’attrazione erotica sbrigliata e incontenibile.
Lei se lo divorava letteralmente di baci e carezze: è che lui era bellissimo e con una vitalità erotica mai paga (che consumava con donne e con uomini), ma anche immaturo, capriccioso, stravagante, tanto da dilapidare allegramente i soldi di lei comprando interi bauli di pigiami di seta costosissimi che poi, inevitabilmente, dimenticava negli alberghi di mezzo mondo facendola infuriare.
E infantile lo rimarrà sempre, questo talentuoso poeta nato a Leningrado il 3 ottobre 1895, così come non smetterà mai di essere sognatore, irrequieto, romantico, illuso, disperato.
La loro luna di miele durò un anno intero, scandita da epocali ubriacature, notti infuocate, cocaina e hashish consumati come se non ci fosse un domani e liti furibonde con lancio di oggetti e distruzione di suppellettili nelle stanze d’albergo dove alloggiavano.

Dei due era lei la più famosa, osannata incantatrice che con la sua danza fatta di arabeschi, di movenze plastiche, di sinuosità morbidissime, aveva stupito le platee di mezzo mondo.
Isadora era nata a San Francisco il 28 Maggio 1878; a 20 anni aveva lasciato gli States per approdare prima a Londra e poi a Parigi. Vita grama all’inizio, ma poi il successo con una sorta di rivoluzione applicata alla danza: via le scarpette con le punte, via quelle pose rigide ed innaturali, via quei costrittivi tutù. La danza grazie a lei non fu mai più geometria, ma poesia, respiro vitale, onda molle e possente, vento che scarmiglia l’erba.
Ed eccola, allora, con i capelli sciolti, scalza, il corpo nudo avvolto da pepli fluttuanti, eccola flessuosa e sinuosa accarezzare con i suoi fianchi l’aria, eccola farsi suono, luce, fiamma, albero.

Acclamata sui palcoscenici di tutto il mondo, si lasciava fotografare con le sue allieve adoranti, fotocopia di se stessa, le famose “Isadorables”, in una specie di gineceo della danza che a qualcuno ricordava l’isola di Lesbo della poetessa Saffo.
E il paragone non era gratuito, giacché Isadora coltivò sempre amori saffici, il più famoso e scandaloso dei quali lo consumò (pare) con la Principessa di Polignac, al secolo Winneretta Singer, ventesima dei 24 figli di Isaac Merritt Singer (fondatore dell’Impero delle macchine da cucire), nonché sorella di quel Paris Singer con il quale la danzatrice aveva avuto a sua volta una relazione e un figlio, Patrick. Sua cognata, insomma.
Un’altra figlia, Deirdre, Isadora l’aveva avuta dal grande scenografo e regista teatrale Edward Gordon Craig, altra sua tumultuosa e fugace relazione.
I bimbi furono segnati da un destino atroce: l’autista dell’automobile in cui entrambi viaggiavano insieme alla governante, sceso per girare la manovella e così riavviare il motore che si era momentaneamente spento, dimenticò di azionare il freno a mano e l’automobile, indietreggiando senza che nessuno riuscisse a fermarla, scivolò nella Senna.
Lo strazio della Duncan da allora sarà sempre immedicabile, nonostante i successi, le ovazioni del pubblico, gli amori e le tumultuose passioni.
Droga, alcol, spregiudicatezza e un profondo male di vivere compromisero tutte le sue relazioni sentimentali, anche quella con il giovane Esenin, con il quale, consumata la febbrile passione, non aveva più niente da dirsi.
Isadora e Sergej si lasciarono dopo soli 15 mesi e fu un addio che lasciò strascichi dolorosi per entrambi.
Isadora, tramontata ormai come astro della danza, passò da una relazione ad un’altra, dividendosi tra Parigi e Nizza, spesso ubriaca e squattrinata; Sergej, sempre più preda dei suoi fantasmi, delle sue angosce (che gli avevano causato numerosi ricoveri in ospedali psichiatrici) e di un devastante delirium tremens, finì col rinchiudersi nel Natale del 1925 nella stanza n 5 dell’Hotel Angleterre di San Pietroburgo (allora Leningrado).
Si tagliò le vene, Sergej, e con il suo stesso sangue scrisse l’ultima straziante poesia d’amore per il suo amante Anatolij Marienhoff, poesia che termina con i famosi versi “morire in questa vita non è nuovo, ma di certo non lo è neppure vivere”.
Sopravvisse incredibilmente, Esenin, a quel tentativo di suicidio.
Il giorno dopo, in un innevato e gelido 28 Dicembre, un inserviente lo ritrovò impiccato con la cinghia della valigia legata al tubo del riscaldamento della stanza. Non aveva che 30 anni.

Isadora ne rimase sconvolta. Ma anche per lei il destino era in agguato.
Mattina del 14 settembre 1927, Nizza, Promenade des Anglais: Isadora Duncan salì su una Bugatti scoperta; c’era il sole e lei sembrava felice.
Si accomodò accanto al suo bellissimo amante, un bellimbusto parigino di ventitré anni più giovane, e salutò tutti gioiosamente.
Dopo pochissimi chilometri, i lembi della lunghissima sciarpa che portava annodata al collo si impigliarono ai raggi delle ruote della vettura. Morì strangolata.
Le sue ultime parole prima di partire erano state: “Adieu mes amis. Je vais à la gloire!”. Addio amici miei. Vado verso la gloria. E per lei gloria sarà. Immortale.