Rubrica Coriandoli. La fascinosa e scandalosa Tamare De Lempicka

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Una mattina del 1926 Tamara de Lempicka, elegantissima come sempre, passeggiava solitaria per il Bois de Boulogne. Ad un tratto scorge una creatura meravigliosa, una giovane donna dallo sguardo languidissimo e dalle forme opime e morbide e la abborda.
“Mademoiselle, sono una pittrice. Vorrebbe posare nuda per me?”
E fu così che la sensuosa e (molto) curvilinea Raphaela si infilò fra i suoi ritratti e tra le sue lenzuola, divenendo protagonista di dipinti di scultorea e soda membratura e di torride notti.

Stravagante, fascinosa, disinibita e talentuosissima, Tamara, nata Maria Gurwik-Górska a Varsavia il 16 Maggio 1898, divenne per tutti de Lempicka quando nel 1916, nella Cappella dei Cavalieri di Malta a San Pietroburgo, sposò il bellissimo Conte Tadeusz de Lempiscki, un raffinato dandy controrivoluzionario.
Scappata dalla Russia in fiamme per la Rivoluzione bolscevica su un vagone letto insieme ad un diplomatico svedese (riuscendo a portare con sé i suoi gioielli più sontuosi e i suoi rinomati abiti), riparò prima in Finlandia e poi a Parigi di cui fu una delle artiste più influenti ed ammirate, nonché animatrice travolgente di quella irripetibile temperie culturale ed artistica che attraversò l’Europa negli anni Venti e Trenta, “les années folles”.
Sulla sua Bugatti scoperta verde smeraldo, con al collo l’immancabile sciarpa svolazzante, i guanti di daino, il rossetto rosso peccato e lo sguardo sprezzante a mangiarsi la notte, fu protagonista indiscussa di serate artistiche e di eventi memorabili, come quando insieme al Poeta futurista Marinetti, progettò di incendiare il Louvre, odiato simbolo del passato.

Ambigua e perversa, avida e cerebrale, arsa da una febbre erotica che placava indifferentemente con uomini e donne, Tamara frequentava anche quel gruppo di artiste “lesbo-chic” spesso abbigliate in frac e cravatta bianca, che soleva riunirsi nell’atelier della pittrice Romaine Brooks, amante della androgina danzatrice danzatrice Ida Rubinstein, ma che dipingeva con Nathalie Clifford Barney accoccolata, nuda, ai suoi piedi, tra le quali la Principessa di Polignac, Violet Trefusis, splendida maschietta con capelli alla garçonne e monocolo all’occhio, Gertrude Stein e la sua compagna Alice B. Toklas.
Il gusto tipico della Brooks di ritrarle in abiti maschili e talvolta con il sigaro in bocca contagiò anche la Lempicka, come si nota nel vagamente sadomaso “Ritratto della duchessa de la Salle” del 1925, ma più spesso le donne immortalate nei suoi capolavori sono sontuosamente pingui e nude, a far risaltare carni bianche e voluttuose in pose languide e sensualissime, occhi socchiusi e labbra dischiuse.

I protagonisti dei suoi richiestissimi ritratti sono quegli esponenti della ricca, sofisticata e perversa “alta società” che si spostavano indolenti ma famelici di esperienze esaltanti (in cui la cocaina era compagna insostituibile) fra le località alla moda.
E fra grattaceli come sfondo e sontuose stole di pelliccia languidamente abbandonate, si muovono le sue modelle, amanti o rivali, come la focosa spagnola Nana de Herrera, cui Tamara, dopo averla ritratta volutamente volgare e seminuda, rubò il ricchissimo amante, il barone Raoul Kuffner che poi sposerà nel 1933.
Nana, furiosa, si sfogherà ballando il flamenco nei locali di Parigi, finendo eternata sui pacchetti di sigarette francesi “Gitanes”.
Quanto a Tamara, continuò a dipingere, a scandalizzare, a vivere un’esistenza sofisticata e trasgressiva e, nomade di lusso, ad approdare nel 1939 negli Stati Uniti.

Purtroppo quell’Art Deco di cui era stata la Dea indiscussa, passa di moda e i suoi tentativi di nuove esperienze artistiche (tentò persino l’Arte sacra) non ebbero successo. Ma lei era un’araba fenice destinata a risorgere ancora più fulgida.
Nel 1972 una sua mostra risvegliò l’interesse di critici, mercanti e compratori e molti personaggi famosi divennero nel tempo collezionisti voraci delle sue opere, come Madonna, Jack Nicholson e Barbra Streisand.

Tamara Gorski de Lempicka Kuffner morirà a Cuernavaca, in Messico, il 18 Marzo 1980.
Le sue ceneri, come aveva lasciato nelle sue disposizioni, furono disperse nel cratere del vulcano Popocatepetl. Perché il suo fuoco divenisse eterno.