Nei primi giorni di Gennaio 1867 Londra si svegliò sotto una formidabile coltre di neve e continuò a nevicare per molti giorni, fino a che le temperature cominciarono a scendere rendendo quell’Inverno uno dei più freddi finora vissuti dagli Inglesi.
Persino il Tamigi ghiacciò; per le strade le ruote delle carrozze slittavano pericolosamente e non si contarono le cadute e gli incidenti dei passanti che scivolavano sulle strade divenute scivolose come specchi.
Anche il laghetto del Regent’s Park, uno dei parchi reali di Londra, situato nella parte settentrionale della città, nella zona di Weatminster, era diventato una lastra di ghiaccio, con centinaia di pesci morti intrappolati.
Ma anche così era uno spettacolo, quel laghetto a forma di mezzaluna tanto amato dai Londinesi.
Fu così che il 15 Gennaio di quel freddissimo inverno del 1867 circa 200 persone inforcarono i pattini e si riversarono sul laghetto e cominciarono a volteggiare, infreddoliti e spensierati.
Ma la gioia durò pochissimo.
Il ghiaccio cominciò a scricchiolare e tra le urla di terrore dei pattinatori e degli spettatori che ai margini si stavano godendo quell’inusuale spettacolo, si frantumò come vetro.
Fu una tragedia: i pattini, il pesante abbigliamento e gli ingombranti abiti delle donne soprattutto divennero strumento di morte.
40 persone morirono annegate, molte altre qualche giorno dopo per polmoniti e conseguenze della permanenza nelle acque gelide.
La Regina Vittoria, profondamente colpita da quel drammatico evento, dopo aver fatto recuperare le salme, darà disposizione di gettare nel lago decine di tonnellate di terra per ridurre la profondità di quello che da allora sarà chiamato “il lago della morte”.