Rubrica coriandoli. Sarah Bernhardt, la magnifique

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Sarah Bernhardt, al secolo Henriette Rosine Bernardt (senza “h”), figlia illegittima di una démi-mondaine (termine leggiadro per definire una ragazza molto spregiudicata) e di, pare, uno studente di Legge, nacque a Parigi il 22 Ottobre 1844 e a 13 anni, secondo il Journal dei fratelli Goncourt (bibbia del gossip di quei tempi) si accompagnava a facoltosi uomini d’affari; a 20 anni fu schedata dalla buoncostume parigina tra le 415 “dames galantes” che operavano nella capitale francese, sinonimo per designare le prostitute d’alto bordo che operavano in clandestinità .
Contende tuttora alla Duse il titolo di “più grande Attrice di tutti i tempi”; se Eleonora era la Divina, Sarah fu per tutti la Magnifique.
Diverse sulla scena e nella vita: minimalista, introspettiva, nevrotica, modernissima la grammatica attoriale dell’Italiana, roboante, spettacolare, enfatica, tutta basata sulle famose “tirasse”, ovvero quei crescendo rossiniani effettuati con la voce, la Francese.

Magrissima, capelli rossi, occhi verdi lampeggianti e pelle diafana, stravagante (aveva un piccolo zoo in casa, coccodrillino compreso che morì ubriaco di champagne), funerea (dormiva in una bara), avida (collezionò gioielli a profusione), eccentrica (le sue tende erano di pesante raso nero con su ricamati dei lugubri pipistrelli), elegantissima (celebre il suo sontuoso mantello di cincillà portato con nonchalance anche d’estate), Sarah Bernhardt abbagliò il pubblico della Belle Epoque.
Celebri le sue interpretazioni di Marguerite Gautier de “La Signora dalle camelie”, di Fedora, di Fedra e persino di Amleto in abiti maschili, e celebri anche alcuni dei suoi (tanti) amanti: Napoleone III, d’Annunzio, Gustave Doré, Edmond Rostand, Victor Hugo. Quest’ultimo, all’indomani di uno spettacolo, le fece pervenire questo biglietto: «Sarah, siete stata grande e incantevole. La lacrima che mi avete ispirato Vi appartiene. La depongo ai Vostri piedi».
La lacrima cui alludeva il grande scrittore francese era uno splendido diamante a goccia.

Ma non disdegnò amori saffici e la pittrice Luoise Abbema fu la sua amante ufficiale e compagna nelle sue mitiche tournées attraverso treni e transatlantici, dei quali arrivò a requisire carrozze e piani per i suoi bagagli e le sue faraoniche scenografie.
Si sposò una sola volta, a 44 anni, con Aristides Damala, un sedicente e arrogante aristocratico greco di 27 anni che soleva apostrofarla “l’Ebrea dal naso lungo” e che morirà di overdose di droga qualche anno dopo.
Da un nobile belga ebbe il suo unico figlio, Maurice, che diventerà un apprezzato scrittore e da Proust l’onore di essere trasposta ne “La Rechèrche” nella figura dell’attrice Berma.
Tanta era la fama raggiunta, che nel 1896 a Parigi le dedicarono una giornata memorabile per fasto e onori nella Sala dello Zodiaco del Grand Hotel: 500 persone, Ministri, Autorità varie e persino il Presidente della Repubblica Félix Faure la accolsero in piedi mentre lei entrava risplendente come una Dea in un abito bianco e oro.

Adorava la notorietà, essere sempre presente sui giornali (e pare sia stata lei ad inventare gli uffici stampa) ai quali dava invero molte occasioni per occuparsi di lei: fu, ad esempio, la prima donna a volare in mongolfiera e, a 68 anni, la prima attrice a sottoporsi ad un lifting facciale.
Nel 1915, a 70 anni, a Sarah amputarono la gamba sinistra in seguito ad una tragica caduta durante l’interpretazione di Tosca; entrò in sala operatoria spavalda come sempre, cantando La Marseillaise e continuò a recitare, magnifica e ieratica, nonostante la menomazione.
Inarrendevole, partì subito dopo per gli States e a Poughkeepsie, vicino New York, rimase memorabile la sua rappresentazione della morte di Cleopatra e dell’arringa di Porzia ne “Il mercante di Venezia” di Shakespeare; nella prima scena, ella giaceva su di un divano, circondata da ancelle egizie, nell’altra la si vedeva in piedi, ma il suo personaggio era entrato in scena a luci spente.
E durante la Grande Guerra, nonostante la sua veneranda età, non esitò ad unirsi agli attori del “Théâtre des armées” e recarsi al fronte ad interpretare le sue amate eroine.
Recitava seduta, assisa su una sorta di trono, ed ogni sua rappresentazione era accolta da quei poveri soldati con lacrime e applausi interminabili.

A guerra finita, avrebbe dovuto interpretare una parte nel film “La veggente” e pur di averla, il 21 Marzo 1923 montarono attrezzature e scenografie nella sua abitazione; lei girò la scena, formidabile come sempre, e poi s’accasciò a terra.
Sul letto di morte quando le dissero che fuori c’era una moltitudine assiepata, con un fil di voce rispose: «Li farò aspettare, mi hanno torturata tutta la vita, ora li torturo io».
Cinque giorni dopo, la più grande Attrice francese di tutti i tempi moriva fra le braccia di suo figlio Maurice, l’unico uomo che lei avesse realmente amato.
Furono in trentamila a renderle omaggio, sfilando commossi davanti alla sua bara.
Narra la leggenda che Sarah Bernhardt avesse compiuto nella sua vita il giro del mondo per ben 10 volte. Indomabile e indomita come fu, non stentiamo a crederci.
D’altronde “quand même”, ad ogni costo, a dispetto di tutto, fu il suo motto.
Cui si attenne per tutta la vita.