Rubrica Coriandoli. “Una rosa, è una rosa, è una rosa”. Peccati e voluttà della regina dei fiori..

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“Rose is a rose, is a rose, is a rose” scrisse la grande Gertrude Stein nel 1913 nel suo poema “Sacred Emily”, condensando in un verso, solo all’apparenza banale, l’essenza della più superba dei fiori, talmente “regina” che basta il suo nome per connotare la sua grandezza e la sua supremazia, nell’immaginario collettivo, sugli altri fiori. Non occorre altro. Il suo nome.
E se la rosa è di colore rosso, allora ecco che essa diventa immediatamente evocazione di passione, di fulgore, di voluttà.

«L’amore è lama? è fuoco?» si interrogava Marina Cvetaeva, poetessa russa del primo Novecento, che di passioni se ne intendeva eccome. Ebbene sì, l’Amore è affilato e pungente come lama, abbagliante e purpureo come fuoco, ma può essere altresì un rogo fiammante di rose rosse.
Un rogo, già. Non a caso. Narra la leggenda, infatti che una virtuosa fanciulla di Betlemme, accusata ingiustamente di lussuriose frequentazioni con il demonio, fosse condannata al rogo.
Sulla pira, però, le fiamme, invece di avvolgerla, si tramutarono in magnifici fiori rossi: le prime rose mai apparse sulla terra. Leggenda, appunto.

Fin dall’antichità questo fiore è stato accostato all’Amore e nella Grecia classica ghirlande di rose e di profumati gelsomini ornavano il capo delle giovani ancelle di Saffo, sull’isola di Lesbo.
E proprio lei, poetessa raffinata e sensualissima, elesse la superba rosa a “Regina dei fiori”; le sue seguaci, abbigliate con impalpabili tuniche, preparavano molcenti balsami al profumo di rosa con cui si cospargevano le membra, ispirando alla loro Maestra versi siffatti: «e come di unguenti regali/profumavi il tuo corpo quando a me/giacevi accanto tenera».

Il perché la rosa rossa sia assurta a simbolo di passione risale alla mitologia classica: Venere, Dea dell’Amore, si era invaghita del più bello dei mortali, Adone, ma Marte, di lei geloso, aizzò contro il giovane un poderoso cinghiale che lo azzannò uccidendolo.
La Dea allora, disperata, per andare in soccorso dell’amato, attraversò correndo un’enorme distesa di rose bianche, incurante delle spine che inevitabilmente flagellarono la sua pelle.
Il sangue sgorgato da questo atto d’Amore tinse di rosso il roseto immacolato, elevando così quel fiore purpureo ad emblema della passione.
Persino Cleopatra, dea in terra della seduzione, soleva portare appeso al collo un cuscinetto di profumatissimi petali di rose con cui inebriare gli amanti.

Nel 1453 in Inghilterra scoppiò la “Guerra delle due Rose” tra il casato degli York (che aveva come simbolo una rosa bianca) e quello dei Lancaster (sul cui stemma campeggiava una rosa rossa).
Re Enrico VIII a mo’ di riconciliazione fra le due nobili casate ordinò ai propri giardinieri di provare innesti nuovi e di creare una rosa con petali bianchi e rossi: nacque così la pregiata e splendida “rosa Tudor”.

La rosa simbolo di passione. Più di cent’anni fa nelle balere di Buenos Aires e Montevideo si cominciò a ballare il peccato: nasceva il lascivo e malfamato tango, e cosa si passavano di bocca in bocca i “tangueros” (che all’inizio erano tutti maschi)? Una rosa rossa dal lungo gambo.
E prima di loro Gabriele d’Annunzio che considerava le rose «voluttuose come le più voluttuose forme d’un corpo di donna», prima di ogni convegno d’amore spargeva languidamente petali di rose sui tappeti, sul letto, sui cuscini.
Ma soprattutto li cospargeva sul corpo nudo dell’amata di turno per ricoprirla interamente, per poi toglierli, uno ad uno, con piccoli morsi…