Rubrica coriandoli. William Shakespeare: leggende, vizi privati, (E pubbliche virtù)

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Il 23 Aprile fu una data fondamentale per la Vita del più grande drammaturgo di tutti tempi, William Shakespeare, perché in quel giorno del 1564 nacque e sempre il 23 Aprile, ma del 1616, egli morì.

Sulle “pubbliche virtù”, sulla grandezza e sulla genialità di Shakespeare, ci sono libri e libri scritti per esaltarle e, comunque, basta leggere anche una sola delle sue incommensurabili opere per rendersene conto, per cui in questo “Coriandolo” non mi soffermerò su di esse, ma, piuttosto, sui tanti curiosi e golosi aneddoti che costellano la sua avventurosa esistenza.

Iniziamo da quella che ai più appare come leggenda e che invece alcuni storici accreditano come vera: l’Autore di “Romeo e Giulietta”, “Amleto”, “Otello”, “La bisbetica domata”, “Machbet” e decine e decine di capolavori, in realtà era…Italiano!
Si sarebbe chiamato Michelangelo Florio Crollalanza, e avrebbe risieduto per molto tempo in Veneto (di qui la conoscenza perfetta di luoghi, usi e costumi) per poi fuggire in Inghilterra (per non fare la fine di suo padre calvinista che era stato messo al rogo) e cambiare il cognome in Shakespeare (“skake” = scrolla e “spear” = agita la lancia).
Tesi affascinante, ma, secondo il mio modesto parere, poco credibile. Ma andiamo avanti.

A 18 anni sposa, dopo averla messa incinta, Anne Hathaway di 26 anni e dopo aver messo al mondo 3 figli, nel 1585 lascia moglie e pargoli a Stratford on Avon (suo luogo di nascita) e sparisce dalla circolazione per riapparire nei documenti storici solo nel 1592, quando un altro drammaturgo lo denunciò come “rapace arrivista, fattosi bello con le nostre piume”.
In quegli anni di “latitanza” pare che William si sia ingegnato a fare di tutto: giardiniere, scrivano, marinaio e…usuraio.

Eh già! Il nostro Bardo non era uno stinco di santo, anzi! Quando, grazie alla sua attività drammaturgica e attoriale, divenne agiato, non si peritò di trafficare in immobili, evadere il fisco e prestare denaro “a strozzo” (proprio come il protagonista del suo capolavoro “Il mercante di Venezia”).
Non solo: taccagno quanto il suddetto “Shylock”, non regalò mai neppure un penny ai poveri della sua città e durante le frequenti carestie, faceva razzia di malto e grano, per poi rivenderli a prezzi esorbitanti.

Fu anche un dissoluto: ebbe amanti d’ambo i sessi (famosi i suoi 126 sonetti scritti per un misterioso “Fair Youth” o “Fair Lord”) e anche un figlio illegittimo, William Davenant, concepito con la bellissima e birichina moglie di un oste (di cognome Davenant, appunto) e al quale Shakespeare stesso fece da padrino.
E siccome buon sangue non mente, il suo omonimo figlio/figlioccio divenne un apprezzato drammaturgo, fu a capo di un teatro londinese, divenne “Poeta laureato” e collaborò con il grande John Dryden per una nuova versione de “La Tempesta” (commedia considerata il testamento teatrale del Bardo).

Scapestrato e simpaticamente insolente, William Shakespeare amava fare scherzi.
Un giorno riservò un tiro birbone, rimasto famoso, al grande attore suo amico Richard Burbage.
Questi stava trescando con un’avvenente donna che abitava vicino al teatro dove stavano provando entrambi il “Riccardo III” e William, senza essere visto, ascoltò i due che stavano organizzando un incontro notturno, clandestino e fugace, nel giardino della casa della lady: «Alla mia cameriera dite di essere Riccardo III», la sentì sussurrare a Burbage.
Mentre quest’ultimo si stava struccando, Shakespeare corse dalla cameriera, si annunciò come Riccardo III e, nel buio della notte, consumò un veloce amplesso.
Incrociando il baldanzoso Burbage che era appena arrivato pregustando i piaceri della carne, ridendo gli disse: «Guglielmo il Conquistatore arrivò prima di Riccardo III», lasciandolo di stucco e…a bocca asciutta.

E per finire, l’ultima beffa ai posteri: per evitare che una volta sepolto il suo corpo fosse disseppellito e le ossa gettate in un ossario comune (pratica consueta ai suoi tempi), Shakespeare nel testamento ordinò che fosse apposto il seguente epitaffio:
“Amico, per l’amor di Gesù astieniti
dallo smuovere la polvere qui contenuta. Benedetto colui che custodisce queste pietre,
e maledetto colui che disturba le mie ossa”.
E nessuno finora, ça va sans dire, ha mai osato sfidare il grande Bardo.

Nella foto: la splendida Liz Taylor che, insieme a suo marito Richard Burton, fu la protagonista del film di Zeffirelli “La bisbetica domata” del 1967 tratto dalla commedia shakespeariana The taming of the Shrew

Liz Taylor