Rubrica coridandoli. Alma Mahler, bella, infedele, crudele

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È passata alla Storia come la “vedova delle quattro arti” perché sopravvisse a tutti i suoi innumerevoli mariti ed amanti, Titani della Cultura del primo Novecento che l’amarono ciascuno visceralmente e disperatamente: il musicista Mahler, l’architetto Gropius, lo scrittore Werfel che la sposarono, e i pittori Klimt e Kokoschka (quest’ultimo anche drammaturgo e quindi le arti erano in realtà cinque) di cui fu amante.
Altera e ieratica, algida e sensuale, elegante e sprezzante, una mantide dagli occhi blu che si nutriva dell’anima e del talento (smisurato) delle sue vittime, splendida nel corpo (“la più bella ragazza di Vienna”) e spietata nell’anima, Alma Schindler nacque nella capitale austriaca il 31 Agosto 1879 e fu compositrice, pittrice, ma soprattutto la seduttrice seriale più concupita e inesorabile del tempo.

A 17 anni fa innamorare perdutamente Gustav Klimt che di anni all’epoca ne ha 35, e lui l’avvolge d’oro e di gemme nelle sue tele, nelle sue Giuditte-Salomè, in quelle creature voluttuose dallo sguardo obliquo e assassino, ma lei lo abbandona dopo un po’ senza rimpianti.
Alma come la indecifrabile Sfinge, la capziosa Circe, la glaciale Tourandot che ama con ferina voluttà e lascia senza mai guardarsi indietro, lastricando di cadaveri la sua strada con sprezzante alterigia.
Alma che fa impazzire d’amore Gustav Mahler, di quasi vent’anni più grande di lui con cui ha due bambine, Maria Anna che muore di difterite a 5 anni e Anna (che diventerà una famosa scultrice ed emulerà sua madre sposandosi cinque volte).
E proprio il dolore assordante per la morte della bambina, spinge un Mahler devastato e una Alma cristallizzata nella sua sofferenza senza lacrime, a trovare rifugio nel 1908 a Toblach (oggi Dobbiaco), deliziosa cittadina incastonata tra le Dolomiti.

Qui il musicista, malato di cuore, ipocondriaco, isterico al punto da singhiozzare se qualcuno violava il silenzio totale in cui voleva vivere immerso, compone il sublime “Das lied von der Erde”(“Il canto della Terra”), la sua nona Sinfonia, oppresso dal presagio della morte.
Anche due anni dopo i coniugi Mahler torneranno in quella casetta annegata nel verde, ma in quell’Estate 1910 nulla era come prima: Gustav era ancora più malato, sopraffatto dal furor creativo e dalla scoperta straziante che Alma si era invaghita del giovane architetto Walter Gropius, il geniale fondatore del movimento artistico/architettonico che sarebbe stata in seguito la Bauhaus.
Una lettera grondante passione firmata Gropius (che sarebbe dovuta arrivare al fermo posta di Alma) giunge invece nelle mani del musicista perché a lui indirizzata. Lapsus da parte dell’architetto? Disguido? O crudele e precisa volontà di annientarlo?
Mahler nel leggerla sviene, Alma invece di chiedergli perdono gli urla in faccia che Gropius la fa sentire viva e femmina. Ha solo il buon gusto di non aggiungere <<a differenza tua>>.
Gustav si sente impazzire, lo ritrovano dopo ore nascosto a piangere sotto un ponte; si chiude in sé, legge per ore la Bibbia, finisce sul lettino di Herr Sigmund Freud a cercare di capire perché Alma non l’amasse più.
Non c’era molto da capire: Alma era fatta così.
Bella da morire. Passionale per natura. Infedele per scelta.

Mahler muore l’anno successivo a 51 anni, praticamente di crepacuore e Alma che si era sì invaghita di Walter Gropius, ora che è una vedova assai consolabile, incontra Oskar Kokoschka , selvaggio e compulsivo e di lui diventa amante, Musa, ossessione, abbandonando per quest’ultimo lo stesso Gropius che ne esce inebetito dal dolore.
Kokoschka si perde in un amore furibondo e feroce, la ritrae in oltre 400 fra dipinti e disegni, eternando il loro legame ne “La sposa del vento” del 1914 con lei nuda e dormiente abbandonata sul suo petto e lui sveglio, inquieto con negli occhi la nevrosi e la paura di perderla. E la perde, infatti, perché la libellula Alma torna da Gropius.
Kokoschka , l’anima scorticata, la mente in frantumi, si fa costruire una bambola con le fattezze di Alma (compresi denti e lingua), ma per quanto il celebre fabbricante dell’epoca Hermine Moos si applicasse, ne risulta solo un grottesco simulacro, un inquietante feticcio.
Non importa: il pittore la riveste con abiti costosi e biancheria intima intrigante e se la porta in giro in carrozza per tutta Vienna e persino alle feste.
Una notte in cui più di tutte l’alcol e la disperazione lo fanno andare fuori di testa, spacca una bottiglia di vino in testa alla bambola e preso da un furore incontrollabile, la fa a pezzi e la butta dal balcone sul giardino sottostante.
Il mattino un postino in bicicletta vede da lontano questo corpo femminile fatto a pezzi, dagli abiti ricoperti di sangue, pensò lui (era vino invece) e allertò la polizia. Di Kokoschka ormai perso nelle brume della follia d’amore, Alma non se ne curò, “vedova nera” volubile e crudele.

Era tornata da Gropius per sposarlo e da lui ebbe Manon ma non la stabilità sentimentale: irrequieta, infedele, vampiresca, posa i suoi occhi blu mare sul Poeta Franz Werfel (di 11 anni più giovane) che cade, irretito, nella sua tela di ragno.
Rimane incinta, lascia un Gropius pazzo di dolore e di rabbia, e va a vivere con Werfel a Venezia portandosi dietro la piccola Manon.
Ma ancora una volta la Nemesi si accanisce su di lei come madre: il piccolo Martin Werfel muore a 10 mesi e la figlia che aveva avuto da Gropius, affetta da poliomielite, si spegnerà prematuramente dopo qualche anno.

Ma lei sopravvive a tutti i dolori. Lei è dura e granitica e contraendo nel 1929 il terzo matrimonio, passa alla Storia come Alma Schindler Mahler Gropius Werfel (Klimt Kokoschka, aggiungiamo noi) condensando nei cognomi dei suoi uomini (mariti e amanti) tutta la Cultura e l’Arte del Novecento.
Sale intanto al potere il Nazismo e Werfel, che è ebreo, è in pericolo; decidono di fuggire in America attraverso i Pirenei (visitano anche Lourdes che folgorerà Werfel tanto da indurlo a scrivere una biografia su Bernadette che diventerà un grande successo), la Spagna ed infine il Portogallo da cui s’imbarcano per l’America.
Frequentano l’intellighentia europea che colà si è rifugiata e vivono scrivendo e componendo.
Una mattina Alma entra nello suo studio con una tazza di tè e trova suo marito Franz morto stecchito a terra.
La salma di Werfel sarà vegliata dagli amici Thomas Mann, Igor Stravinskji, Otto Preminger, ma non da lei.

Vedova per tre volte, ormai, continuerà a vivere con la raffinatezza e l’alterigia che l’avevano connotata da sempre, godendosi ancora storie e passioni fugaci.
Da vecchia, con il volto su cui ancora traspariva l’antica bellezza, ad una domanda di un giornalista circa gli uomini della sua vita, risponderà sprezzante e provocatoria: <<Non ho mai amato la musica di Mahler, non mi sono mai veramente interessata a ciò che scrivesse Werfel e non ho mai capito cosa facesse esattamente Gropius, ma Kokoschka sì, Kokoschka mi aveva veramente colpito>>.
Lei, la Musa più bella, insolente e crudele del Novecento, morirà nel 1964 a 85 anni.
“La sposa nel vento” continua a renderla immortale.