Rubrica coriandoli: Caterina Sforza, la leonessa di Forlì

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Fu una delle donne più famose, potenti e temibili del Rinascimento; figlia del depravato Galeazzo Maria Sforza (fratello di Ludovico il Moro), nacque a Milano nel 1463 e già a 11 anni fu promessa sposa al trentenne Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV (colui che fece erigere la Cappella Sistina), anche se le sontuose nozze saranno celebrate (e consumate) al compimento del suo quattordicesimo anno d’età. Matrimonio che fu in realtà una compravendita, con lei pedina ignara, com’era uso allora tra le nobili famiglie (e come pedina sarà anche Lucrezia Borgia): in cambio dell’ingente somma di 40 mila ducati (e di bauli pieni di abiti preziosi, tessuti e gioielli per la sposa), suo padre Galeazzo vendette allo Stato Pontificio il ducato di Imola.

Sposando quindi Girolamo Riario, Caterina divenne, giovanissima, signora di Imola e l’anno successivo anche di Forlì, dove la coppia di sposi andò a vivere.
Ben 6 furono i figli che lei generò durante gli 11 anni di matrimonio, ma poiché i forlivesi consideravano suo marito imbelle, inetto e dissoluto, il 14 Aprile del 1488 lo accoltellarono e senza tanti complimenti lo gettarono da una finestra del suo castello. Caterina aveva 25 anni e nessuna voglia di soccombere.
Che fosse indomita, s’era capito da subito: un leonino coraggio unito ad un’indiscutibile bellezza (pelle luminosissima e mani di incomparabile morbidezza), era la sua peculiarità temperamentale.
E ne diede subito prova. Quando la nobile famiglia degli Oderlaffi tentò di spodestarla e di piegare la sua volontà, arrivando a sequestrarle i 6 figli con la minaccia di sgozzarli se non si fosse arresa, lei, assediata nella sua rocca, si affacciò sulle mura, si alzò e le vesti e urlò sprezzante: «Ho lo stampo per farne altri». Girò sui tacchi e rientrò, incurante del pianto dei bambini e lasciando i nemici a bocca aperta (anche per via della nudità esibita). E fu allora che divenne “la leonessa di Forlì”.

Con l’aiuto delle truppe milanesi inviatele in soccorso dallo zio Ludovico Sforza, riconquistò appieno il dominio di Forlì e tornò a regnare incontrastata.
In barba ai numerosi pretendenti che volevano interrompere la sua vedovanza, lei trentenne s’innamorò pazzamente dello stalliere di corte, Giacomo Feo, che di anni ne aveva 17. Lo sposò in segreto e da lui ebbe il suo settimo figlio.
Ma quando una congiura gli fece fuori anche il suo secondo amatissimo marito, Caterina diede sfogo alla sua indole guerriera e crudele, abbandonandosi a “sanguinolentie inaudite” (come riportano le cronache dell’epoca), facendo gettare in un pozzo dalle lame acuminate decine e decine di cospiratori, insieme alle loro mogli e figlioletti.

Decisamente la vedovanza non si addiceva ad una donna focosa e passionale come lei era e così l’anno successivo, convolò a (terze) nozze con Giovanni de’ Medici, appartenente al ramo cadetto dell’illustre casata fiorentina che, ahilui, morirà prematuramente, lasciando Caterina ancora una volta vedova e incinta del suo ottavo figlio, Ludovico.
Questi passerà alla Storia come Giovanni dalle Bande Nere, erediterà dalla madre coraggio, tenacia e volitività: sarà un condottiero intrepido e morirà a soli 28 anni di cancrena, dopo che una palla di cannone gli aveva straziato una gamba. La sua discendenza sarà illustre e darà vita a quella casata medicea di Granduchi che governerà Firenze fino a tutto il Settecento.

Caterina Sforza, intanto, dopo aver combattuto strenuamente per settimane contro Cesare Borgia che voleva conquistare Forlì, nel Gennaio del 1500, dovette arrendersi. Portata a Roma, fu imprigionata a Castel Sant’Angelo con l’accusa di aver tentato di avvelenare Papa Alessandro VI Borgia. Liberata l’anno successivo, andò a vivere a Firenze, dove morirà a 46 anni di polmonite, dopo una Vita intensa e appassionata.

Nella foto particolare delle tre Grazie della “Primavera” del Botticelli (1482 ca.); quella di destra sarebbe proprio Caterina Sforza

Caterina Sforza